Sono impressionanti le opinioni americane emergenti dai reportage in clima preelettorale: autentici fiumi di volgarità egoistiche e di bestemmie antipolitiche che inducono a temere come inevitabile la vittoria di Donald Trump. Il clima statunitense è drammaticamente anti-democratico: ognuno per sé e Trump contro tutti.
Sono impressionanti le immagini provenienti da Valencia in clima alluvionale: autentici fiumi di fango che portano a distruzione e morte un’intera popolazione e che inducono a temere come inevitabile un disastro ecologico a pezzi così come sta avvenendo per la guerra.
Non è un caso che Trump sia un accanito negazionista dei cambiamenti climatici: lo straripante fiume trumpiano ha paura di quello alluvionale anche perché il recente uragano in Florida non è stato uno scherzo. Dalla natura infatti sembra uscire un grido disperato alla responsabilità di chi governa il mondo pena una sua progressiva autodistruzione.
Potranno le incombenti minacce ecologiche indurre tutti a più miti consigli e alla riscoperta della democrazia quale strada per difendere la natura e in essa gli uomini con i loro enormi problemi? Oppure gli uomini si chiuderanno ancor più nel loro penoso egoismo, sperando che il disastro possa riguardare qualcun altro?
In Spagna al fiume disperato di fango e di morte sta seguendo quello fiducioso dei volontari che reagiscono col potere umano allo strapotere della natura violata e diventata disumana: una sorta di attiva e dinamica Arca di Noè, che ci lascia un filo di speranza nel futuro dell’umanità.
Negli Usa ci potrà essere un fiume di democrazia che contrasti la folle alluvione antidemocratica incombente non solo sull’America ma su tutto il mondo? Oppure gli elettori americani si consegneranno e ci consegneranno al manicomio trumpiano?
Dove sono le folle oceaniche di americani che seguivano i comizi di Martin Luther King? Dove sono gli americani che credevano nelle nuove frontiere kennediane? Dov’è finita la politica con la “P” maiuscola in America e, per essere campanilisti, in Italia?
Stiamo per toccare il fondo o l’abbiamo già toccato? Mi auguro che sia valida la seconda ipotesi che potrebbe preludere ad un problematico (ri)scatto. Temo invece che possa essere un affondamento progressivo, a pezzi per dirla col Papa, da cui non si risale se non con tempi biblici che vivranno in qualche modo le nuove generazioni.
Il diluvio universale non aveva forse questo significato? Ma noi continuiamo a ballare, a cantare, a votare o a non votare come se niente fosse. In fin dei conti chissenefrega di Trump e degli alluvionati di turno…