I brividi per una guerra infreddolita

La Cina è pronta a “espandere” la cooperazione con la Russia. É quanto ha detto il presidente Xi Jinping al suo omologo Vladimir Putin, negli scambi di messaggi legati alle celebrazioni dei 75 anni delle relazioni diplomatiche bilaterali. Xi, ha riferito l’agenzia statale Xinhua, ha sottolineato che la Cina è “pronta a unirsi a Putin per espandere costantemente la cooperazione pragmatica a tutto tondo tra i nostri due Paesi”. (ANSA.it)

Con il termine guerra fredda si indica la contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi intorno al 1947, e che si protrasse fino al 1989, anno in cui crollò il muro di Berlino, tra le due principali potenze vincitrici dalla seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. Questa guerra viene chiamata “fredda” perché non si concretizzò mai in un conflitto militare diretto.

Cercare il freddo per il letto è un detto popolare che significa cercare inutili complicazioni, complicarsi la vita. Ebbene la narrazione geopolitica altro non è che una continua e disperata registrazione della ricerca del freddo per il letto da parte delle potenze sempre più impotenti. Con la caduta del muro di Berlino sembrava che si aprisse una nuova era di coesistenza pacifica, invece la situazione si è ulteriormente complicata in vista di nuovi equilibri tuttora assai vaghi e precari.

La mia personale sperànsa di mälvestì ca fâga un bón invèron è che tre galli nel pollaio possano lasciare un po’ in pace le galline. Invece tirano brutte arie, perché il gallo cinese e quello russo stanno stipulando un’alleanza di fatto che mette in ulteriori gravi difficoltà lo spennacchiato gallo occidentale peraltro già in vena di auto-beccata.

Gli Usa sono in cerca di leadership e si limitano a difendere la gallina ucraina dall’attacco proditorio del gallo russo e a fare il pesce nel barile israeliano, facendo finta di appoggiare la scriteriata e fastidiosa resa dei conti con il mondo arabo.

Nel ginepraio medio- orientale una cosa si è capita, vale a dire che Israele ha colto al balzo la palla offerta dall’attacco di Hamas e intende chiarire una volta per tutte la propria posizione dominante, cancellando la Palestina, ridimensionando militarmente Hamas e Hezbollah e mettendo in riga tutti i Paesi arabi, confidando anche nelle loro divisioni religiose tra sciiti e sunniti.

L’Europa dà un colpo al cerchio e uno alla botte, confermando giorno dopo giorno la propria irrilevanza geopolitica: in buona sostanza il mondo occidentale ha rinunciato a fare politica e a prendere serie iniziative diplomatiche, delegando tutto alla Nato in una logica di mera contrapposizione bellica.

Per me però il dato più inquietante è la strisciante alleanza russo-cinese: non so fino a che punto corrisponda alle reali intenzioni della Cina, che probabilmente considera la Russia un alleato usa e getta, mentre la Russia ha bisogno assoluto e a qualsiasi costo dell’appoggio cinese.

I missili iraniani rientrano perfettamente nel teatro bellico. Speriamo che qualche missile non trovi la strada europea e magari italiana. A tale riguardo mi viene spontanea una cinica e spannometrica riflessione: se ci salveremo dagli attacchi di qualche Paese arabo impazzito o dagli attentati di qualche terrorista musulmano in vena di protagonismo, lo dovremo alle avvedute e prudenti politiche estere dei democristiani al governo nella cosiddetta prima repubblica, i Fanfani, i Moro e, ancor prima, gli Enrico Mattei, aggiungo in extremis anche i D’Alema. Questi illustri signori hanno sempre tenuto un atteggiamento dialogante e comprensivo verso il mondo arabo pur tenendo fede alla collocazione italiana nello schieramento occidentale. Un capolavoro ben lungi dall’insopportabile e controproducente multilateralismo meloniano, dallo smaccato opportunismo tajaniano e dal farneticante neutralismo salviniano.