Sex and the religion

Continua lo stillicidio di rivelazioni che riguardano la figura dell’Abbé Pierre. A sette settimane dalle prime notizie vengono ora fuori 17 nuove testimonianze che tornano ad accusare il religioso francese di violenze sessuali tra gli anni ’50 e gli anni 2000. «A oggi, è possibile identificare almeno altre 17 persone che hanno subito violenze» da parte del popolarissimo sacerdote scomparso nel 2007 a 95 anni, si legge in un rapporto pubblicato dallo studio specializzato Egaé, citato dall’agenzia France Presse e dal quotidiano cattolico La Croix.

Lo studio Egaé è stato incaricato il 17 luglio dall’associazione Emmaus e dalla stessa Fondazione Abbé Pierre di raccogliere potenziali testimonianze. Nel documento riferisce di aver ricevuto il 2 settembre una cinquantina di email e una ventina di messaggi telefonici in merito ai comportamenti del prelato francese amatissimo dai cittadini d’Oltralpe e che ha consacrato la vita all’aiuto dei più deboli.

Egaé precisa di aver raccolto 12 testimonianze dirette e 5 indirette riguardanti violenze sessuali perpetrate su donne minorenni e maggiorenni, testimonianze che si aggiungono alle sette deposizioni annunciate a luglio. Le nuove testimonianze evocano contatti «non sollecitati sul seno», «baci forzati», «fellazioni forzate», «ripetuti contatti sessuali su persona vulnerabile», «atti ripetuti di penetrazione sessuale», «contatti sessuali su un bambino». I fatti denunciati risalgono a un periodo incluso tra gli anni Cinquanta e gli anni 2000, soprattutto in Francia, ma anche in Stati Uniti, Marocco e Svizzera.

La prima ondata di rivelazioni ha scioccato la Francia, dove la figura del prete noto per la sua azione a favore dei poveri e dei senzatetto era molto stimata anche al di fuori del perimetro ecclesiale. Ribadendo il suo «sostegno totale» alle vittime, la Fondazione Abbé Pierre ha annunciato la chiusura definitiva del luogo di culto a lui dedicato, a Esteville, dove è sepolto, e la decisione di cambiare il proprio nome.

La Conferenza episcopale francese, in un comunicato stampa, ha espresso la sua «costernazione per queste nuove rivelazioni e soprattutto la sua profonda compassione verso tutte le vittime di queste azioni» ribadendo «la propria disponibilità, e quella di tutte le diocesi della Chiesa in Francia, a mettere a disposizione del Dipartimento di Giustizia i propri archivi e le risorse necessarie». (dal quotidiano “Avvenire” – r.r.)

Vinco la tentazione del silenzio di fronte a questa ennesima e spiacevolissima vicenda riguardante la Chiesa nei suoi componenti anche gerarchicamente e sostanzialmente autorevoli. La prima attenzione e preoccupazione deve essere rivolta alle vittime, ma anche ad una profonda revisione di impostazione per evitarle. Anche papa Francesco, rispondendo ad una sacrosanta domanda di una giornalista francese durante la conferenza stampa sull’aereo di ritorno dal recente viaggio in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore, è riandato sull’argomento degli abusi sessuali compiuti da uomini di Chiesa.

Simon Leplâtre, Le Monde

Santo Padre, in primo luogo grazie tante per questo viaggio affascinante. A Timor Est, ha parlato delle giovani vittime di abusi sessuali. Naturalmente, ci è venuto in mente il vescovo Belo. In Francia abbiamo un caso simile, quello dell’Abbé Pierre, fondatore dell’associazione benefica Emmaus, per molti anni eletto personaggio preferito dai francesi. In ambedue i casi, il carisma di queste due persone ha reso molto più difficile credere a quanto accaduto. Vorrei chiederLe: cosa sapeva il Vaticano dell’Abbé Pierre, e cosa Lei potrebbe dire a tutte quelle persone che fanno fatica a credere che una persona che ha fatto tanto bene possa anche avere commesso dei crimini?

Papa Francesco

Tu hai toccato un punto molto dolente, molto delicato. Gente buona, gente che fa il bene – hai nominato l’Abbé Pierre – che poi, con tanto bene che ha fatto, si vede che questa persona è un peccatore brutto. E questa è la nostra condizione umana. Non dobbiamo dire “copriamo, copriamo, perché non si veda”. I peccati pubblici sono pubblici e vanno condannati. Per esempio, l’Abbé Pierre è un uomo che ha fatto tanto bene, ma è anche un peccatore. E noi dobbiamo parlare chiaro su queste cose, non nascondere. Il lavoro contro gli abusi è una cosa che tutti noi dobbiamo fare: ma non solo contro gli abusi sessuali, contro ogni tipo di abuso: l’abuso sociale, l’abuso educativo, cambiare la mentalità alla gente, togliere la libertà… L’abuso è, a mio giudizio, è una cosa demoniaca, perché ogni tipo di abuso distrugge la dignità della persona, ogni tipo di abuso cerca di distruggere quello che tutti noi siamo: immagine di Dio. Io sono contento quando questi casi vengono fuori. E vi dirò una cosa, che forse ho detto un’altra volta: cinque anni fa, abbiamo fatto un incontro con i presidenti delle Conferenze episcopali sui casi di abusi sessuali e di altri abusi, e abbiamo avuto una statistica molto ben fatta, credo delle Nazioni Unite. Dal 42 al 46 per cento degli abusi si verificano in famiglia o nel quartiere… [interruzione] Per finire: l’abuso sessuale dei bambini, dei minorenni è un crimine, è una vergogna.

La prima cosa relativamente spiacevole è che questa vicenda relativa all’Abbé Pierre venga snocciolata in un crescendo scandalistico nell’assenza del diretto interessato, morto da diciassette anni. D’altra parte è tipico di tutti gli scandali sessuali, riguardanti uomini di Chiesa e non solo, emergere a distanza di tempo: evidentemente le vittime hanno bisogno di tempo per elaborare i danni umani riportati e per superare i timori di un coinvolgimento scandaloso, anche se una certa maggiore tempestività di denuncia gioverebbe alla ricerca della verità e alla battaglia contro questi abusi. Non sempre chi è oggetto di violenza trova il coraggio di reagire, spesso subisce e tace per paura, in quanto sente attorno a sé un clima di scetticismo se non di ostilità preconcetta. E allora tutto diventa ancor più difficile da scoprire, giudicare e sanzionare.

Un secondo elemento riguarda il fatto che ormai sembra definitivamente (?) squarciata la cappa di omertà che ha condizionato nel tempo il comportamento delle gerarchie cattoliche. Forse si sta addirittura esagerando rischiando di buttare via il bambino assieme all’acqua sporca: in effetti è difficile fare questa distinzione, ma sarebbe giusto e opportuno evitare di squalificare tutto e tutti.

Mi spiego meglio: non credo che la testimonianza esistenziale dell’Abbé Pierre debba essere cestinata in riparazione delle sue pur numerose e financo disgustose trasgressioni e violenze sessuali, così come non credo sia giusto concedere attenuanti ai trasgressori per il fatto di rivestire o avere rivestito, magari in modo altrimenti ineccepibile, funzioni di un certo tipo e di un certo livello.

Un terzo discorso è relativo ai rapporti tra religione e sesso. Mentre l’atteggiamento papale sembra orientato a ripulire la Chiesa non è assolutamente indirizzato a cercare di togliere, coraggiosamente e nei limiti del possibile, le cause della formazione della sporcizia. Tento nel mio piccolo di farlo (nei miei scritti ci sono molte tracce al riguardo), stigmatizzando il silenzio che regna nelle sacre stanze (compresa purtroppo quella papale a Santa Marta).

Nella vita della Chiesa la sessualità è stata vista come una pietra d’inciampo se non addirittura una colpa da evitare scrupolosamente, dimenticando che la sfera sessuale è parte integrante della natura umana e della vita cristiana. Questa errata impostazione non è ancora terminata, basti pensare al tabù del celibato sacerdotale e della donna vista come diavolessa tentatrice e, ancor prima, all’educazione sbagliata inflitta ai giovani in generale e nei seminari in particolare. I disastri combinati in tal senso lasceranno un segno nei secoli. Non solo si tende a chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati, ma addirittura si finisce col riempire insistentemente la stalla di buoi pronti a scappare.

È inutile chiedere perdono e risarcire moralmente le vittime se non si evitano i presupposti perché gli abusi sessuali possano ripetersi in futuro. Sarò fissato, ma ritengo che la vera pulizia debba essere fatta a monte a livello educativo, formativo e pastorale. Un sacerdote mezzo uomo può essere tentato di riempire la sua vuota metà sentimentale con un’overdose di sfrenata e disordinata sessualità. Un cristiano inibito e oppresso da regole moralistiche può finire col reagire sconsideratamente facendo del sesso una sorta di riscatto e rivincita esistenziali.

Mi permetto di insistere su questo tasto: il sesso deve essere valorizzato e vissuto come dono e non considerato un pericolo da evitare. Molti problemi verrebbero semplificati e molte energie verrebbero liberate da assurdi vincoli più perbenisti che finalizzati al bene integrale delle persone.