Se è vero che “a far del bene agli asini si resta fottuti”, è altrettanto vero che “non si può fare di ogni erba un fascio” e non si deve tarare il comportamento sulle disgrazie che possono succedere. Sarebbe come se non si uscisse di casa per evitare di essere investiti sulle strisce pedonali, non si salisse su un treno per paura di un deragliamento o su un aereo per timore che possa cadere. Quando assumiamo regole comportamentali sull’onda di avvenimenti paurosi o spaventosi interni o esterni alla nostra volontà esistenziale, siamo destinati a sbagliare tutto.Questo vale a maggior ragione per le scelte da assumere a livello comunitario e quindi anche a livello politico. Far discendere dagli attacchi terroristici islamici un indirizzo di criminalizzazione generalizzata degli immigrati e di chiusura verso i profughi e i rifugiati da tenere ben lontani è un esercizio irrazionale oltre che eticamente riprovevole e politicamente settario. Che la colpa, come sostengono strumentalmente, cavalcando lo sgomento e la rabbia, certi personaggi italiani e stranieri, per l’attentato al mercato di Berlino sia di Angela Merkel perché ha aperto le porte della Germania ai rifugiati di religione islamica, è una forzatura strumentale, populista, demagogica e sostanzialmente nazi-fascista.Non si può affrontare il problema dell’immigrazione sull’onda psicologica dell’orrore provocato dagli attentati. Al limite dovremmo emarginare e respingere tutti coloro che creano problemi alla nostra convivenza, dai migranti il discorso si potrebbe allargare ai rom, ai tossicodipendenti, agli accattoni, financo ai malati ed ai poveri in genere (qualcuno ci ha aggiunto e ci aggiungerebbe gli omosessuali). Questo atteggiamento è pericolosissimo e foriero di discriminazioni a non finire che ci riportano agli anni bui del nazismo e del fascismo.Fortunatamente Berlino, città a cui hanno sporcato di sangue il Natale, ha reagito con dignità e senso di responsabilità. Sembra infatti che per i Berlinesi non esista il pericolo che l’attacco possa suscitare nuova intolleranza. Mi hanno colpito i messaggi contenuti nei fogli esposti sul luogo della strage: un mercato nel cuore della città dove un camion è stato lanciato tra la folla da terroristi islamici che hanno falciato decine di persone. Un Berlinese scrive: «No, signor Trump, il mondo civilizzato non deve cambiare il suo modo di pensare dopo quello che è successo. Anzi, dobbiamo difenderlo!». Un altro invita: «Non lasciamoci traviare dalla disumanità». Un altro ancora chiarisce in modo perfetto: «Non otterrete il nostro odio».Lo scrittore Peter Schneider sostiene che Berlino è una città che sa difendere la sua libertà e ricorda l’episodio famoso del controllore del tram che, violando le leggi razziali in pieno periodo nazista, offrì un posto a sedere a un’ebrea con la stella gialla sul cappotto, e, quando passeggeri fedeli al regime protestarono, rispose con il proverbiale muso duro dei berlinesi: «Signori, è affar mio disporre sul mio culo».I nazionalisti e populisti però si sono buttati sui cadaveri come avvoltoi sostenendo che Angela Merkel sarebbe colpevole per questi morti per aver importato irresponsabilmente i terroristi. La premier tedesca però invita alla calma con nobili parole: «Non dobbiamo farci paralizzare dalla paura: troveremo la forza di essere uniti, aperti, liberi».Ma è opportuno fare riferimento ancora a quanto scrive Peter Schneider: «L’ondata nazionalpopulista, da Trump a Le Pen a Salvini, la paura dei migranti, la nostalgia di una vita nell’ordine, investono anche la Germania e la mia città: il partito xenofobo Afd qui è al 14-15 per cento. E sentiamo il fiato caldo della Russia di Putin, per cui la nostra libertà è decadente e negativa. Confido che anche a queste sfide i berlinesi sapranno resistere. Pronti a difendere il loro spirito di libertà».Ci deve riempire d’orgoglio quanto riportano i colleghi su Fabrizia Di Lorenzo, un Italiana quasi certamente vittima del massacro, la quale viveva da alcuni anni a Berlino dove aveva terminato il suo curriculum scolastico e dove lavorava: «Voleva scrivere di politica internazionale, conosceva il tema dei fenomeni migratori e credeva che il terrorismo si sconfiggesse con l’inclusione». E a (s)proposito di giovani arrabbiati, è interessante sottolineare quanto, dopo il referendum costituzionale, citando il film “La meglio gioventù”, Fabrizia avrebbe scritto a @matteorenzi: «Invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri! Peccato presidente!» (alla faccia dei sociologi che basano le loro teorie sui dati statistici più che sulle idde e dei politici alla Massimo D’Alema che dovrebbero riflettere e darsi un morso alla lingua).Qualcuno dei populisti alla moda in tema di recrudescenza terroristica arriva ad incolpare persino il Papa, reo di affermare che il terrorismo non ha nulla a che vedere con la religione islamica. Qui il discorso si complica.Noi occidentali quando affrontiamo il discorso della violenza religiosa non pensiamo agli orrendi crimini delle crociate, delle guerre di religione, dell’inquisizione.Sul fatto che le religioni abbiano contenuto pacifico sempre e comunque, ho qualche dubbio. Solo sul Vangelo non ci possono essere equivoci, nonostante i cristiani, come detto, ne abbiano combinate di tutti i colori.Come sostiene Corrado Augias, probabilmente, mentre le altre religioni hanno esaurito la loro carica di violenza e discriminazione, l’islam fa molta più fatica, perché mentre la cultura che sta sotto le altre religioni è evoluta, quella che sottende l’islam è ferma al medio evo.Basterà ai musulmani scendere in piazza per dissociarsi da tutte le manifestazioni di intolleranza verso le altre religioni? Sarà sufficiente recarsi umilmente a pregare nelle chiese cattoliche? I servizi giornalistici televisivi mostrano i musulmani che pregano per le vittime del terrorismo. spesso mancano totalmente le donne! Se l’Islam non supera questa sessuofobia può essere inutile anche il pregare e persino il pregare assieme ai cattolici…Se non arrivano a comprendere che la fede va oltre le regole e diventa vita vissuta, possono gridare a squarciagola tutto il loro disappunto per la violenza, ma resta il rischio del ripiegamento fanatico sul dogmatismo, che è sempre equivoco nella sua rigidità “cadaverica”.Tuttavia noi, di fronte ai crimini dei giorni nostri, siamo portati ad avere la memoria corta. Inorridiamo giustamente di fronte ai fatti riconducibili al terrorismo islamico, ma dimentichiamo un passato coloniale che ha insanguinato la storia, usiamo due pesi nel valutare i morti: un europeo vale cento o forse mille afghani o curdi o tunisini o siriani…Non ricordiamo che i rifugiati, verso cui facciamo gli schizzinosi, sono , come scrive Alberto Melloni, l’esito di una catastrofe nella quale tutti hanno dato il peggio: la superficialità europea, la volubilità americana, le estemporaneità russe, il cinismo arabo, l’ambiguità wahabita. Il peggio l’ha dato anche un cattolicesimo fiacco sul piano intellettuale e spirituale, pago di conservatorismi antiquari e di conformismi ideologici di destra.Papa Francesco ha scelto il silenzio e la preghiera davanti ai crimini della storia passata; predica e pratica dialogo e solidarietà di fronte ai crimini attuali. Non c’è altro da fare!Ricordiamo, vangeli alla mano, come è avvenuto l’arresto di Gesù. Pietro ha estratto la spada e ha tagliato un orecchio ad uno dei servi del sommo sacerdote, venuti per catturare il Maestro (il cruento inizio, da entrambe le parti, della guerra di religione?). Gesù ha fermato bruscamente Pietro e addirittura ha compiuto il suo ultimo miracolo rimettendo a posto quell’orecchio mozzato. Più chiaro di così!