Un po’ Francesco, un po’ Giovanni Battista

Il Papa non si nasconde quando gli chiedono dei diversi programmi dei due candidati alle elezioni americane. Ammettere l’aborto e respingere i migranti sono entrambi atteggiamenti «contro la vita». «Sia quello che butta via i migranti, sia quello che uccide i bambini». Ricordando poi che già dall’Antico Testamento c’era il dovere di proteggere gli stranieri, gli orfani e le vedove, sottolinea che respingere i migranti, non dar loro la possibilità di lavorare o trattarli come schiavi «è un peccato grave». Quanto all’aborto, «è un assassinio». «La scienza dice che nel mese del concepimento ci sono già tutti gli organi formati. Quindi abortire è uccidere un essere umano. Può piacere o meno la parola – sottolinea Francesco – ma questo è e bisogna dirlo chiaramente. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto. La Chiesa non lo permette perché significa uccidere». Come deve votare dunque un cattolico? «Nella morale politica – risponde Francesco – si dice che non andare a votare è brutto. E si deve scegliere il male minore. Chi è in questo caso il male minore, quella signora o quel signore? Ognuno in coscienza ci pensi e faccia così». (dal quotidiano “Avvenire”)

Anch’io modestamente ero recentemente arrivato al discorso del meno peggio riferito al voto dei cittadini americani chiamati a scegliere fra Donald Trump e Kamala Harris. Se la conclusione papale può essere saggia, non lo è il ragionamento che sta a monte.

Non si possono mettere sullo stesso piano le mele marce della politica anti-migratoria di Trump e le pere da sbucciare dell’abortismo di Harris. Sul piano squisitamente etico-religioso le due questioni possono anche essere, seppure forzatamente, accostate, ma una candidatura e un voto sono fatti politici, che comportano valutazioni più complesse e articolate.

Buttare via i migranti è una scelta immorale in senso pregiudiziale, che non può trovare alcun recepimento a livello politico. Il discorso dell’aborto è pure esso eticamente inaccettabile, ma, dal momento che comporta scelte individuali delicate e molto problematiche, non può essere ridotto sic et simpliciter ad un no secco ad ogni e qualsiasi regolamentazione.

A monte del respingimento dei migranti c’è una scelta dettata dall’egoismo sociale che diventa criterio di governo della società. A monte della regolamentazione abortista (preferisco non parlare di diritto all’aborto) c’è la considerazione dei motivi che possono comportare una scelta dettata da uno stato di necessità. Si potrà discutere sulla legislazione più o meno liberal, questo sì, ma come dice don Andrea Gallo, se una donna, dopo che ad essa siano state seriamente fatte presenti tutte le controindicazioni, opta per l’aborto, non è possibile alzare una barriera etica.

Non sono sicuro oltre tutto che abortire sia comunque e sempre una grave devianza morale: certamente siamo in presenza di una scelta non rivolta coraggiosamente alla vita, ma ogni caso fa storia a sé e va lasciato alla coscienza individuale, pur informata di tutti gli aspetti annessi e connessi e corroborata da appoggi ed aiuti sul piano sociale.

Ammetto che la posizione così drasticamente espressa da papa Francesco mi abbia dato una benefica scossa ed una spinta ad uscire dal mio eccessivo pragmatismo politico: sono sicuro che volesse soprattutto scuotere le coscienze e non certo fare un discorso squisitamente politico.

D’altra parte il tema dell’aborto era già stato affrontato dal papa con un taglio misericordioso, che preferisco di gran lunga a quello dogmatico e schematico emergente dalla conferenza stampa di cui sopra. Mi risulta che papa Francesco fosse stato molto possibilista col presidente Biden che si trovava sull’orlo della scomunica da parte dei vescovi statunitensi. E allora mi chiedo perché questa improvvisa ed enfatica dichiarazione antiabortista. Un contentino ai confratelli vescovi americani non certo teneri con papa Francesco?  La necessità di controbilanciare l’ostilità a Trump con una sonora bacchettata ad Harris? Un modo per quietare i fermenti tradizionalisti all’interno della Chiesa? Una mossa antipolitica per fare meglio politica su altri fronti (vedi Cina)? Mi fermo qui perché non è giusto fare un processo alle intenzioni. E poi, chi sono io per giudicare il papa?