Il Conte senza Grillo

Il passaggio più velenoso Beppe Grillo lo ha lasciato nelle ultime righe di un intervento sul suo blog: nel caso in cui si metta mano a “elementi imprescindibili del M5s: il nome, il simbolo e la regola dei due mandati” non potrò che “esercitare i diritti che lo Statuto mi riconosce in qualità di Garante”.

Insomma, siccome con la Costituente si potrà discutere di tutto ma proprio di tutto, allora Grillo ha lasciato intendere di essere pronto per le carte bollate.

Questo sul piano legale. Sul piano politico, la lettura l’ha fatta l’ex ministro Danilo Toninelli, vicino al garante: “E’ già in corso una rottura. Il Movimento, oggi, è fatto da due partiti e Grillo l’ha palesato”.

 Mentre il fondatore sembra preparare la battaglia legale, i vertici del Movimento studiano il contrattacco: sui valori fondamentali del M5s e sulla interpretazione autentica dello statuto, il garante può al massimo esercitare una “moral suasion”, ha spiegato il parlamentare Alfonso Colucci, coordinatore dell’area legale del M5s. E poi, ha aggiunto, con accordi “contrattuali con il M5s coperti da riservatezza, Grillo ha espressamente rinunciato ad ogni contestazione relativa all’utilizzo del simbolo come modificato e come in futuro modificabile”.

Ma non è solo una questione di tribunali. “Ormai è chiaro come il sole – ha scritto Grillo – a ottobre vi troverete davanti a un bivio, costretti a scegliere tra due visioni opposte di cosa debba essere il Movimento 5 Stelle. La prima è di una politica che nasce dal basso, e non da politici di professione, la seconda è quella di Giuseppe Conte. Ad oggi non mi sembra si stia compiendo un’opera di rinnovamento, ma un’opera di abbattimento”. (ANSA.it)

I pentastellati sono ai ferri corti. Sono passati parecchi anni da quando pensavo che il M5S consistesse in Beppe Grillo e poco più. Il fondatore sembra voler tornare agli inizi per rivendicare una primazia sbiaditasi nel tempo. Al di là di tale questione genealogica non riesco a cogliere una vera e propria controversia politica. Il nome, il simbolo e i due mandati non bastano a significare un ruolo per e nel futuro del Paese.

Ho riconosciuto fin dall’inizio una funzione positiva a Grillo nell’aver dato una voce politica all’antipolitica: si rischiava una deriva qualunquistica molto pericolosa che venne almeno contenuta. Poi la prematura assunzione di responsabilità governative ha imposto il doppiopetto al movimento ed è quindi spuntato Giuseppe Conte a guidarlo in chiave istituzionale, abbandonando la piazza informatica e devitalizzando il dente dolente su cui batteva l’antipolitica.

Credo che Grillo abbia l’intenzione di mettere indietro le lancette dell’orologio pentastellato: impresa piuttosto ardua. Il rischio è che il M5S diventi un ring su cui il fondatore e il traghettatore se le diano di santa ragione, senza esclusione di colpi, ma senza progetti politici.

Grillo, anche per le sue vicissitudini famigliari, ha perso credibilità e mordente. Conte da parte sua dimostra di essere un capo costruito a tavolino: lo scontro è fra due leader immaginari. In mezzo una classe dirigente (?) polemicamente compatta ma politicamente sfilacciata. L’elettorato tende a scomparire consultazione dopo consultazione. Resta qualche impennata rispettabile sui temi della pace e della moralità.

Non basta per dare futuro ad un partito nato prematuro e messo a balia piuttosto asciutta. L’antipolitica è stata assorbita a destra dal velleitarismo meloniano; a sinistra si è rifugiata nell’astensionismo in attesa di tempi migliori.

Mio padre sosteneva con molta gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón». Forse nel M5S sta succedendo così: i rappresentanti istituzionali del movimento guardano i due contendenti e si limitano a sottolinearne le botte, mentre il marchese del Grillo sta duellando con un Conte decaduto e il Conte del piffero si sta spacciando per un marchese senza nobiltà.