Mi sento (quasi) in dovere di fare una triste riflessione sul ferragosto, la più insulsa e penosa delle rituali festività laiche: la potremmo considerare la pasqua pagana a cui fortunatamente la religione pone il freno mariano.
Come al solito vivo in controtendenza, un po’ per necessità, un po’ per virtù. Cosa faccio a ferragosto? Niente! Auguro a tutti voi di viverlo in serenità, quella serenità che, giorno dopo giorno, mi sta abbandonando e che nessuno è in grado di donarmi. Forse non sono stato e non sono capace di costruirmela. Forse la sua mancanza è una condanna con la quale sconto i miei irrimediabili errori esistenziali. Forse è anche il portato di un clima generale angoscioso e angosciante.
Buone vacanze per chi riesce a farle. Io non ci provo neanche, perché solo il pensiero delle vacanze mi intristisce ancor più. Non voglio però assolutamente rovinare quelle altrui, anzi, parafrasando don Andrea Gallo, mi sento di fare questa riflessione.
«Le vacanze sono anche un piacere. Fisico, intendo. E non c’è da vergognarsene. Personalmente non riesco a praticarle, ma immaginarle almeno un po’ praticate da altri, mi rende l’animo più gaudente e allegro».