Meloni ai vertici: “Fuori chi ci vuol far tornare indietro. Arrabbiata per l’immagine data ai nostri giovani”. La premier scrive una lettera ai dirigenti del partito: «Non c’è alcuno spazio tra le nostre fila per chi recita un copione macchiettistico utile solo al racconto che i nostri avversari vogliono fare di noi».
Non è questione di macchiette, ma è un serio problema politico. Qualche giorno fa il tutto veniva ricondotto ad una violazione di privacy a cui era sottoposto il partito di FdI. Ma quale privacy, lì c’è gente che fa clamorosa apologia di fascismo all’ombra del movimento giovanile di un partito. Ora si arriva a reagire dall’interno a un pericoloso andazzo sputtanante. Se sputtanamento c’è, riguarda il Paese e la sua Costituzione e non tanto l’immagine di FdI di cui interessa poco, almeno al sottoscritto. In un certo senso bisogna essere grati ai giovani meloniani di avere contribuito a togliere la maschera perbenista al loro partito.
Liliana Segre, quasi 94enne e sopravvissuta all’Olocausto, ha espresso profonda preoccupazione per il clima politico attuale in Italia, dopo che un’inchiesta di Fanpage ha svelato video di giovani di Fratelli d’Italia inneggianti a slogan nazisti come “Sieg Heil”. Segre, stanca di dover affrontare nuovamente derive antisemite, ha dichiarato in un’intervista a Marianna Aprile per il programma “In Onda” su La7 che queste tendenze sono sempre esistite ma ora, con l’attuale governo di destra, emergono senza vergogna. Ha sottolineato che la destra, sebbene legittimamente eletta, non si preoccupa più di nascondere tali inclinazioni.
I conti col passato non si fanno con il lapis partitico e nemmeno nelle urne elettorali, ma con atteggiamenti politico-culturali inequivocabili e perseveranti. Non è infatti un caso da ricondurre al folclore se tanti giovani aderenti al partito di Fratelli d’Italia, attivisti e simpatizzanti di questa forza politica, vengono colti clamorosamente con le dita nazi-fasciste nella marmellata meloniana. Non è sufficiente bacchettare le dita giovanili, bisogna gettare nei rifiuti la invitante marmellata che evidentemente stuzzica l’appetito.
Sono troppi gli atti politici inanellati in questo periodo che lasciano percepire un certo clima anti-democratico per poter risolvere il problema con un formale ridimensionamento dei fanatici fino a ieri elogiati e vezzeggiati. Giorgia Meloni sta semplicemente eliminando la goccia che rischia di far traboccare il vaso, il quale vaso tuttavia resta pieno fino all’orlo di gravissimi richiami ad un certo passato.
Se volesse veramente fare qualcosa per sgombrare il campo, dovrebbe, ad esempio, far dimettere il presidente del Senato, il più altolocato testimonial dei legami col passato fascista. Sarebbe chiedere troppo? No, il minimo! E magari far dimettere anche Isabella Rauti, sottosegretaria di Stato al Ministero della difesa nel governo Meloni. Non è il caso di spiegare i perché, che sono ben noti a tutti. La politica infatti cammina sulle gambe degli uomini e delle donne.
Il discorso è molto grosso e fa specie che tanti italiani non lo capiscano. In questo periodo vengono sopportate con una certa facilità le nostalgie fasciste, mentre vengono superate con un’alzata di spalle le ragioni antifasciste.
Non so se sia una questione di pacchetto elettorale a cui rinunciare. C’è sicuramente anche questo ignobile freno. Penso ci sia soprattutto la difficoltà a fare una revisione culturale molto impegnativa, tentata e iniziata da Gianfranco Fini, rimasta evidentemente incompiuta. Berlusconi si fece garante di questo storico sdoganamento: con simili garanti si va in default culturale e politico. Oggi non c’è nemmeno più bisogno di garanti, Giorgia Meloni garantisce per se stessa. Purtroppo la firma fideiussoria non è sufficiente a coprire il rischio di un ritorno al passato: l’inchiesta di Fanpage ha scoperto gli altarini e ha fatto emergere i buchi culturali. Non basta gridare contro le intromissioni mediatiche, non basta un richiamo agli esponenti del partito che non hanno capito la necessità di cambiare abitudini, non basta prendere le distanze da chi esagera col razzismo e con l’antisemitismo, non basta cambiare il tono che fa la musica, bisogna cambiare musica e musicisti. Sarà molto difficile che Giorgia Meloni possa farlo.