Alla fine sono 84 le firme sul documento finale: 80 Paesi e 4 organizzazioni internazionali. Un «grande successo» esulta la presidente della Confederazione elvetica Viola Amherd che sottolinea la presenza pure di «Paesi africani e latino-americani». Una «piattaforma», come annunciato, che può essere «ampliata a partire dal grande interesse per questa iniziativa». Ottimismo d’obbligo, anche se, sotto al “comunicato finale” della Conferenza di Lucerna, invece dell’annunciata dichiarazione congiunta – «in modo da avere la partecipazione più ampia possibile» spiega il ministro degli Esteri di Berna Ignazio Cassis – mancano i nomi di 12 Paesi partecipanti: tra questi, Brasile (presente come osservatore), India e Sudafrica – che insieme a Russia e Cina fanno parte del gruppo dei Brics – e il Messico. Mancano all’appello pure Armenia, Bahrein, Indonesia, Libia, Arabia Saudita, Thailandia, Emirati Arabi Uniti, Colombia e il Vaticano (a sua volta presente come osservatore).
Il sostegno viene da tutti i Paesi Ue, dagli Stati Uniti, da Giappone e Argentina. Un primo passo, di quello che si spera sia un processo: «Passi concreti», «passi possibili» dice la presidente svizzera dopo un week end di confronto ad altissimo livello. Nel testo del comunicato finale si riafferma l’impegno per «l’integrità territoriale» dell’Ucraina. Questi i tre punti di azione umanitaria su cui si vuole proseguire per costruire fiducia: energia nucleare sicura, con la centrale di Zaporizhzhia sotto il controllo di Kiev e la supervisione dell’Aiea; sicurezza alimentare che dipende da una produzione agricola ininterrotta, come dall’accesso ai porti nel Mar Nero; al terzo punto, si chiede il rilascio e lo scambio di tutti i prigionieri, a partire dai bambini ucraini. Passi per costruire fiducia, con la speranza di una seconda Conferenza internazionale «nei prossimi mesi, non anni, perché la guerra continua», afferma Volodymyr Zelensky. (da “Avvenire” – Luca Geronico)
Premesso che ogni e qualsiasi passo, pur corto, verso la pace è sempre e comunque da salutare favorevolmente, mi viene spontaneo esprimere alcune perplessità. Innanzitutto perché queste iniziative non hanno la loro sede naturale all’Onu, ma in un’improvvisata ed estemporanea conferenza? Perché il mondo è così restio a rispettare e valorizzare le sedi istituzionali di dialogo? Perché, se c’è un gravissimo problema, anziché discuterne in casa si preferisce andarne a parlare in strada? Libere violazioni in libero dialogo? Strana regola nel diritto internazionale!
Secondo punto. Perché queste iniziative si prendono a babbo quasi morto e non agli inizi o addirittura prima dello scoppio delle crisi internazionali? Non mi si dirà che la situazione dei rapporti tra Russia e Ucraina non si conosceva da tempo. Non mi si dirà che prima di discutere bisogna aspettare sangue, lutti e distruzioni. Non mi si dirà che le trattative di pace devono seguire la guerra e non anticiparla. Strana scansione temporale!
Terzo punto. Quale successo possono avere conferenze di questo genere allorquando mancano sostanzialmente i protagonisti principali, vale a dire Usa, Cina e Ue e quindi tutti partecipano alla spicciolata in una passerella più mediatica che diplomatica? Quale significato possono comportare pronunciamenti sui quali mancano le firme di tanti Paesi, proprio quelli non allineati, dai quali dovrebbe venire un impulso importante verso la pace o almeno la non belligeranza o almeno il contenimento degli effetti della belligeranza?
Quarto punto. Non è giunto il momento di abbandonare le chiacchiere e provare a fare passi concreti che comportino rinunce e sacrifici da parte di tutti e non solo sterili dichiarazioni di principio? Cosa fa la Ue, che dovrebbe essere geograficamente e politicamente più che mai interessata ad uno straccio di pace nel teatro russo-ucraino? La recente campagna elettorale non ha avuto al centro il tema della pace e ancor meno del contributo che la Ue può dare alla causa della pace. I risultati delle elezioni vanno addirittura in senso opposto, mettendo a soqquadro lo stesso assetto europeo in un paradossale gioco dove sono le ultra-destre a parlare di pace senza alcuna credibilità, mentre popolari, socialisti e c. si leccano le ferite guardandosi bene dal mettere in cantiere iniziative di pace che vadano al di là del manicheo appoggio all’Ucraina e dello stanziamento di fondi per la difesa comune. Difesa di e da cosa? Chiamiamola guerra e così facciamo prima!