La giustizia tra Mida-Giorgia e Befana-Nordio

Un provvedimento epocale e coraggioso, contro le forze della conservazione”; una norma che “rende omaggio” a Giovanni Falcone e Giuliano Vassalli. Il governo e in primis la presidente Giorgia Meloni rivendicano il “mandato popolare” avuto nelle urne per la riforma della Giustizia, dopo aver approvato in Consiglio dei ministri il disegno di legge sulla separazione delle carriere dei magistrati: saranno distinte tra quelle dei giudici e dei pubblici ministeri.
Ora comincia l’iter per la nuova legge costituzionale che attua – come spiega il Guardasigilli Nordio – “il principio fondamentale del processo accusatorio”, ovvero differenziare il percorso di chi è chiamato a giudicare da quello di chi, come il pm, ha l’incarico di muovere le accuse. Sotto i riflettori c’è anche lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura in due diversi Csm, i cui membri saranno nominati per sorteggio.

“Questo organo di autogoverno della magistratura negli ultimi anni non ha dato buona prova di sé”, spiega il ministro stigmatizzando “la degenerazione correntizia” tra le toghe e citando gli “scandali come quelli di Palamara”. Il provvedimento, limato fino a pochi minuti prima del via libera in Cdm all’indomani dell’incontro dei rappresentanti del governo al Quirinale, è comunque frutto di una complicata mediazione che trova la sua sintesi politica nella regola dell’estrazione a sorte dei trenta membri, togati e laici, di ognuno dei due Consigli. “Con il sorteggio interrompiamo una serie di anomalie”, dice Nordio. Escono fuori le correnti dalle nomine del Csm ma resta ai margini pure la politica: anche la componente laica del Csm, ovvero i membri elettivi che attualmente vengono scelti per un terzo dal Parlamento in seduta comune, sarà interamente nominata sottoponendosi al principio di casualità.

Resta poi l’istituzione del nuovo organo disciplinare dei magistrati, l’Alta corte, composta da 15 membri (12 estratti a sorte, 3 nominati dal presidente della Repubblica) mentre salta dal provvedimento il riferimento sull’avvocatura in Costituzione, nonostante gli annunci del governo nei giorni scorsi. Fuori dal ddl anche l’ipotesi, sempre sostenuta da Nordio, di introdurre la discrezionalità dell’azione penale.

“Non abbiamo operato modifiche in quel senso perché abbiamo accolto le osservazioni dell’Associazione nazionale dei magistrati”, sottolinea il Guardasigilli riferendosi al sindacato delle toghe, fortemente contrario alla riforma, che invece valuta “una mobilitazione importante” senza escludere lo sciopero dopo una riunione urgente convocata in queste ore.

Per la premier Meloni si tratta invece di aver “rispettato un altro impegno preso con gli italiani. In molti hanno detto e scritto in questi mesi che non avremmo mai avuto il coraggio di presentare questa riforma attesa da trent’anni”, sostiene la presidente del Consiglio in un video, puntando il dito contro “le forze della conservazione si muoveranno contro di noi. Ma – dice non abbiamo paura”. Grida vittoria Forza Italia, nel nome di Silvio Berlusconi. “La riforma arriva a coronare trent’anni di impegno in prima linea” commenta il viceministro alla giustizia Francesco Paolo Sisto.  (da Ansa.it)

Mi scuso in premessa per la conclamata ignoranza che mi dovrebbe indurre a tacere. Mi limito ad un commento spassionatamente obiettivo, superficialmente imparziale e politicamente articolato.

Non sono d’accordo con l’esagerata e propagandistica enfatizzazione da parte del governo, che spaccia per epocale e rivoluzionaria una riforma di solo buon senso (meglio di niente), che puzza di redde rationem lontano un miglio, così come non mi trovo solidale con la magistratura che, più per il clima politico effettivamente ostile che per la portata dei provvedimenti in fieri, si limita a gridare “al lupo” per un attentato alla propria autonomia.

Separare le carriere tra magistratura inquirente e giudicante è garanzia di indipendenza fra i due livelli procedimentali: in parole povere, se ben comprendo, in teoria chi sarà chiamato a giudicare subirà meno condizionamenti da parte di chi inquisisce. Non è poco, ma non è tutto.

L’istituzione di un organo disciplinare separato dal CSM e lo sdoppiamento del CSM stesso sono le altre novità. L’elezione a sorteggio dei componenti dei Consigli Superiori della Magistratura toglie politicizzazione anche se la politica non è un pericolo da esorcizzare ma semmai solo uno stile da ripulire. Sorteggiare i componenti di organi istituzionali in democrazia non è il massimo anche se può servire ad evitare appunto il rischio della politicizzazione in chiave corporativa.

Riguardo al fatto che questa riforma, ancora agli inizi del suo iter, possa rappresentare una vittoria nel nome di Silvio Berlusconi stenderei un velo di pietoso silenzio su chi non voleva riformare la giustizia ma piegarla ai propri interessi. In filigrana emerge una sorta di intento punitivo verso le toghe sbrigativamente definite rosse: se il buon giorno delle riforme costituzionali si vede dal mattino, andiamo proprio bene. La magistratura ha senza alcun dubbio i suoi difetti, ma ho l’impressione che il governo voglia togliere le pur consistenti pagliuzze dei giudici mantenendo ferme le proprie travi. L’approccio riformista del governo Meloni è altamente divisivo e contrario allo spirito della Costituzione, che è fortemente unificante. Le regole del gioco non si possono cambiare unilateralmente, fregandosene altamente dei giocatori non in linea con gli intenti del governo.

Insospettiscono anche i tempi del varo governativo in concomitanza con la dirittura d’arrivo della campagna elettorale anche se è pur vero che in Italia siamo sempre in campagna elettorale e quindi per evitare strumentalizzazioni propagandistiche non si dovrebbe fare nulla. Sembra quasi la risposta missilistica alle indagini verso Toti e c., considerate un vero e proprio attacco politico.

È interessante riandare allo scorso autunno e all’intervista rilasciata dal ministro Guido Crosetto al Corriere della sera. “L’unico grande pericolo” per la continuità dell’esecutivo, aveva detto il ministro, “è quello di chi si sente fazione antagonista da sempre e che ha sempre affossato i governi di centrodestra: l’opposizione giudiziaria”. “A me – aveva spiegato – raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a ‘fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni’. Siccome ne abbiamo visto fare di tutti i colori in passato, se conosco bene questo Paese mi aspetto che si apra presto questa stagione, prima delle Europee…”.

Crosetto aveva messo le mani avanti? Forse sapeva che c’era del marcio tra le sue file e temeva che potesse emergere in vista delle elezioni europee, ragion per cui ha tentato di squalificare in anticipo la Magistratura? I giudici tuttavia non si sono fatti intimidire e hanno proceduto contro il presunto malaffare annidato alla regione Liguria, peraltro nell’ambito di numerosi procedimenti aperti in diverse zone e verso esponenti politici di diversi partiti. Visto che le minacce anticipate non hanno funzionato, ecco spuntare il missile riformatore? Fantapolitica?

In questo clima da spedizione punitiva sarà mai possibile avviare processi riformatori seri? Ecco perché, al di là dei contenuti piuttosto limitati della riforma avviata dal ministro Nordio, non mi sembra di intravedere il toccasana di tutti i mali della giustizia né il modo decisivo per renderla più efficiente ed efficace: il discorso è molto più grande e complesso rispetto ad una riformetta trasformata da Mida-Giorgia in oro per i cittadini italiani, i quali nella loro calza non troveranno automaticamente i dolci premio della Befana-Nordio, mentre sarebbe buona cosa evitare accuratamente che i giudici nella loro trovassero il carbone della punizione e della prevaricazione.