Oltre 50mila persone, provenienti da 200 diocesi, 600 i pullman che sbarcheranno a Roma. Sono i “numeri” dell’incontro nazionale dell’Azione Cattolica con il Papa, in programma il 25 aprile in piazza San Pietro sul tema “A braccia aperte”. In video collegamento, dopo il discorso del Papa – ha annunciato mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ac, a proposito dell’evento che verrà trasmesso in diretta da Rai Uno – interverrà il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. In piazza anche il cantante Giovanni Caccamo e l’attore Neri Marcorè. L’appuntamento del 25 aprile, ha spiegato mons. Giuliodori, “è frutto di un percorso, un cammino di consuetudine che lega l’Ac ai Pontefici, soprattutto dal Concilio in poi. Con Papa Francesco questo legame è stato ulteriormente confermato e consolidato, come in occasione dei 150 anni dell’associazione. Quello del Santo Padre sull’Ac è un pensiero forte e incisivo che ci incoraggia molto: le sue sono sempre parole non di circostanza, ma che stimolano e provocano”. L’evento del 25 aprile si colloca, inoltre, all’interno del percorso sinodale tracciato dal Sinodo sulla sinodalità e dal Cammino sinodale della Chiesa italiana: “Papa Francesco – ha commentato Giuliodori – ha scosso l’umanità dal suo torpore, chiamando alla responsabilità che tutti abbiamo di fronte al Creato. Ha promosso percorsi di apertura a tutti i livelli e l’Ac è fortemente interpellata su questo tema”. Sarà la Fratelli tutti, in particolare, la piattaforma su cui si snoderà l’evento del 25 aprile: “Non è scontato, in una stagione di grandi chiusure come questa”. “Una delle più grandi questioni del Sinodo è come la Chiesa riesca ad incidere della storia”, ha ricordato l’assistente generale di Ac: “Il laicato è la grande sfida, e l’Ac è in prima linea proprio come associazione laicale a servizio della Chiesa”. L’incontro con Papa Francesco farà da prologo ai lavori della XVIII Assemblea nazionale elettiva dell’Ac, “Testimoni di tutte le cose da lui compiute”, che si solverà a Sacrofano, presso la Fraterna Domus, dal 25 al 28 aprile. Mille i delegati, provenienti da tutte le diocesi d’Italia, che eleggeranno il Consiglio nazionale dell’Azione cattolica italiana per il triennio 2024-2027. Tra gli ospiti dell’assemblea i cardinali Parolin, Farrell, Semeraro, Zuppi e Grech. (Sir – agenzia d’informazione)
Massimo rispetto per l’Azione Cattolica: ne ho peraltro fatto parte per tanti anni, dall’infanzia al raggiungimento della maturità. Massima attenzione al contributo che questo movimento ha dato e può dare alla storia della Chiesa. Massima considerazione per la partecipazione al percorso sinodale. Massima ammirazione per la mobilitazione e l’impegno ecclesiale di tanti cattolici.
Mi permetto però di porgere una domanda: nell’anno ci sono 365 giorni (nel 2024 i giorni sono addirittura 366), era quindi proprio opportuno sovrapporsi alla celebrazione della festa della Liberazione, oggi più che mai ricorrenza civile importantissima per la vita democratica del Paese? Ho acceso il televisore e mi sono imbattuto nel raduno oceanico di A. C. in piazza San Pietro: pensavo di assistere alle manifestazioni del 25 aprile invece… Non sarebbe stato meglio per quei cattolici partecipare alle celebrazioni resistenziali, che peraltro ricordano la lotta, il sacrificio e la morte anche di tanti sacerdoti e laici?
Non è che si è finito col fornire, seppure involontariamente, un perfetto assist a quanti vogliono glissare sull’antifascismo, contrapponendo la stracolma cattolicissima piazza San Pietro a tutte le piazze in cui si sono radunati gli italiani per dare un rinnovato senso alla nostra democrazia nata dalla Resistenza?
Mia sorella Lucia, che si riteneva una cattolica adulta, capace pur con tutti i suoi limiti e difetti, di discernere in campo politico e non solo, era implacabilmente severa nei confronti dei cattolici nel loro approccio alla politica: sintetizzava il giudizio con una espressione colorita, esagerata e disinibita come era nel suo carattere. Non andava per il sottile e li definiva “cattolici di merda”. Diffidava degli integralismi cattolici: quello di chi pensa di poter fare politica come si usa fare in sagrestia, bisbigliando chiacchiere bigotte e ostentando un insopportabile e stucchevole perbenismo; quello di chi ritiene di fare peccato scendendo a compromessi e negando quindi il senso stesso della politica per rifugiarsi nella difesa aprioristica, teorica per non dire astratta dei principi religiosi; quello di chi ritiene la politica qualcosa di demoniaco da esorcizzare, lavandosene le mani e finendo col lasciare campo ancor più libero a chi intende la politica come l’arte dei propri affari; quello di chi pensa di coniugare al meglio fede e politica confabulando con i preti, difendendo il potere della Chiesa e assicurandosi succulente fette di consenso elettorale; quello di chi pensa che i cattolici siano i migliori fichi del bigoncio e quindi li ritiene per ciò stesso i più adatti a ricoprire le cariche pubbliche.
Non voglio dire che l’Azione Cattolica sia catalogabile tout court nelle devianze a cui alludeva mia sorella. Resta tuttavia un’occasione persa, forse l’ennesima, per compiere un atto laico di assoluta fede nei valori resistenziali e costituzionali che stanno alla base della nostra Repubblica, peraltro in linea con la popolare e clericale (purtroppo non sempre, soprattutto a certi livelli) adesione dei cattolici alle lotte partigiane e all’antifascismo. Invece è emersa, seppure indirettamente, l’immagine di una cattolicità ripiegata su se stessa. Ci sono momenti in cui bisogna avere il coraggio di uscire dagli schemi ecclesiali per inserirsi, da cattolici, in quelli civili.