Ovunque la sinistra politica in genere, quella estrema in particolare, continua a brillare per la sua intramontabile capacità divisiva. Sinistra Italiana (Si) ha celebrato il suo primo congresso con una scissione. Era nata a sua volta dalle ceneri di Sel (sinistra ecologia e libertà) e ad essa avevano aderito alcuni fuorusciti dal PD (Fassina e D’Attorre). Ora, mentre si intravede una iniziativa volta a raggruppare le forze di sinistra al di fuori del PD e mentre nel Pd si profila la remota (?) possibilità di una scissione a sinistra, assistiamo ad un autentico sfarinamento di quest’area in perenne e spasmodica ricerca della propria identità. Fortunatamente non si tratta, a mio avviso, di questioni di potere, ma paradossalmente di stabilire chi vuole stare più lontano dal potere. Ci sarà quindi quel che rimane di “Si”, la nuova di zecca “SiApre”, la costruenda “area Pisapia”, la “sinistra dem” in attesa di rompere il PD, il movimento “Possibile” creato dall’ex Pd Giuseppe Civati e un minuscolo “Partito comunista italiano”duro e puro.Quest’ultima scissione è tra coloro che si aprono a Pisapia ed, eventualmente, agli scissionisti dem e quelli che invece…mai col PD (forse meglio dire con questo PD).Il bello (il brutto direi) è che queste masturbazioni identitarie non avvicinano affatto la sinistra ai tanto enfatizzati problemi del Paese ed alla gente che li soffre sulla propria pelle, ma crea l’illusione di un progresso legato alle battaglie di principio da cui non si riesce poi mai a scendere nel concreto.Non basta nemmeno l’assurdo collante dell’antirenzismo, perché si è scatenata la gara a chi è più antirenzista: ascoltando le loro dichiarazioni vengo colto da un profondo senso di smarrimento, non riesco a seguirli, ne soffro tutta l’anacronistica e demagogica impotenza politica.Auguro a Pisapia di riuscire a rendere plasmabile e lavorabile questa dura materia prima per poterne ricavare una creatura politica spendibile e spandibile.Ho sempre avuto un occhio di riguardo verso chi estremizza i propri richiami ideologici, ho sempre rispettato chi evita facili compromissioni a scapito delle proprie idealità, ma la politica è altra cosa, è l’arte del possibile e non la fuga verso l’impossibile.In Francia succedono, seppure in misura meno clamorosa, cose analoghe; anche in Spagna i “Podemos”, una formazione a metà strada tra grillismo e sinistrismo, si stanno spaccando tra il massimalismo del loro leader Iglesias ed il riformismo del vice-leader Errejón. Sì, perché sotto-sotto la questione di fondo da centinaia di anni a questa parte, sta nella divisione fra chi vuole tutto ottenendolo dall’abbattimento del sistema e chi accetta una gradualità di conquiste accontentandosi di migliorare e cambiare il sistema.Se devo essere sincero sono stanco di queste sterili diatribe: uno dei motivi per cui, nonostante dubbi e perplessità, continuo a ritenere che Matteo Renzi potesse e possa incarnare una prospettiva di governo per la sinistra italiana e un contributo importante per la sinistra europea.Il “casino” politico scoppiato l’indomani del referendum mi dà ampiamente ragione: ne sono tutti preoccupati, a livello europeo e mondiale, e ne stiamo già soffrendo le conseguenze. Gli avversari politici ne godono, ma quel che mirattrista è che ne godano a sinistra col solito penoso ragionamento del “tanto peggio, tanto meglio”.Adesso sembra che, in tre anni di governo, Renzi non abbia combinato nulla. È molto difficile fare una valutazione oggettiva e seria in una situazione dove non si va al di là della polemica più becera. Penso che uno sforzo notevole sia stato fatto e vada salvaguardato. Invece prevale la voglia di buttare tutto a mare. Si accomodino pure, poi vedremo…