La vendita dell’agenzia di stampa Agi sarà messa a bando di gara da Eni. La protesta dei giornalisti contro l’acquisizione da parte del gruppo Angelucci, proprietario di Libero, Il Tempo e Il Giornale ha portato alla decisione di seguire un percorso più trasparente da parte della partecipata di Stato. Angelucci è, secondo l’opposizione che ha fatto diverse interrogazioni, in conflitto di interesse perché parlamentare della Lega. Ed è leghista il ministro dell’Economia Giorgetti, che durante il question time la settimana scorsa aveva chiesto «la massimizzazione del profitto economico in caso di un’eventuale alienazione» dell’agenzia di stampa per soddisfare «i requisiti di trasparenza, competitività e garanzia dei livelli occupazionali». (dal sito del quotidiano “La Stampa”)
Questo fatto, ancora in divenire, racchiude in sé tutte le contraddizioni possibili a livello di sistema. Si parte con la privatizzazione di un’agenzia di stampa di proprietà sostanzialmente pubblica: prospettiva a dir poco inopportuna, che toglie questo importantissimo strumento informativo dalle pur relative garanzie di obiettività per buttarlo nel tritacarne del mercato già in preda alla schizofrenia di malcelati interessi meramente speculativi se non faziosamente politici.
Si passa attraverso la dichiarazione di interesse da parte di un soggetto in odore di monopolio, già proprietario di numerose testate editoriali, col rischio di inserire l’agenzia Agi in una logica distorsiva del mercato dell’informazione.
Oltre tutto questo soggetto essendo un parlamentare è in conflitto di interessi attuale e concreto a causa di una interferenza tra la sfera istituzionale e quella personale di un soggetto portatore di un interesse privato confliggente con l’interesse pubblico.
Che poi un ministro della Repubblica auspichi la massimizzazione del profitto nella vendita di un bene a funzione così delicata mi sembra cosa a dir poco discutibile sul piano istituzionale e inopportuna sul piano politico.
Infine non mi sembra sufficiente il soddisfacimento dei requisiti di trasparenza, competitività e garanzia dei livelli occupazionali per rendere opportuna una simile operazione. La si metta come si vuole, ma che un Ente di Stato decida di fare inopinatamente cassa alienando una prestigiosa agenzia di stampa non sta né in cielo né in terra se non in una brutale logica di asservimento dell’informazione al potere economico e, tramite questo, agli interessi del potere politico in combutta con quelli economici di parte. La somma di due interessi particolari non farà mai un piacere all’interesse pubblico.
Si sta cercando di mettere una pezza di stoffa concorrenziale nuova sopra un vestito politico-affaristico vecchio. Era molto meglio la sfrontatezza berlusconiana della ipocrisia meloniana.
È molto evidente che l’attuale governo sta affrancandosi direttamente o indirettamente dai vari meccanismi di controllo, si chiamino Parlamento, Presidenza della Repubblica, Magistratura, Corte dei Conti e Libera Stampa. Il potere esecutivo non gradisce i contrappesi previsti dalla Costituzione italiana, non vuole governare ma spadroneggiare. Finché il popolo glielo consentirà magari con elezioni truccate dal premierato.