Una foto del sindaco con due parenti del boss di Bari vecchia; l’arrivo della commissione del Viminale che dovrà valutare eventuali infiltrazioni mafiose nel Comune; il centrodestra che, dalla stessa aula dove Antonio Decaro giorni fa aveva definito “un atto di guerra” l’invio della commissione, attacca: «Giù le mani da Bari lo diciamo noi». E mentre la premier, Giorgia Meloni, difende l’iniziativa del ministro degli Interni definendo “vergognose” e respingendo al mittente «le accuse di utilizzare politicamente» questo intervento che «non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento», il sindaco, al centro della bufera da giorni, si difende spiegando che le signore della foto non sapeva nemmeno chi fossero e ha dovuto consultare il parroco della città vecchia per scoprirlo: sono sì parenti del boss Capriati «ma non hanno nulla a che fare con il resto della famiglia». (dal Sole 24 ore)
Il tormentone De Caro si sta rivelando sempre più un ballon d’essai lanciato in aria dal centro-destra a scopi meramente e smaccatamente elettorali. Mi sembra una questione basata su mere congetture: siamo arrivati a un semplice selfie considerato una prova di collusione mafiosa. Ma perché tanto accanimento contro il sindaco di Bari? Perché chi è sempre stato garantista (il centro destra) e lo è tuttora verso propri esponenti a livello governativo indagati o rinviati a giudizio (vedi la ministra Daniela Santanché e il sottosegretario Andrea Del Mastro) per reati abbastanza consistenti, è così preventivamente intransigente con un sindaco peraltro nel mirino della mafia al punto da vivere da anni sotto scorta? Perché si monta un caso su mere illazioni o su elementi debolissimi al limite dell’inconsistenza non solo giuridica ma finanche morale?
La vicenda ha tutto il sapore di una manovra depistante rispetto ai veri problemi del Paese compresi quelli della moralità pubblica: forse si mettono avanti le mani prima di cadere, ci si vuol presentare con la testa fasciata all’appuntamento con eventuali futuri (?) cortocircuiti giudiziari. Probabilmente si vuole esorcizzare l’intervento della magistratura, troppo autonoma e pericolosa, sostituendolo con inchieste amministrative gestite dal governo. C’è poco da fare, il governo Meloni sta occupando spazi istituzionali che non gli sono propri per garantirsi posizioni di controllo: dall’informazione alla giustizia. Forse è meno forte di quanto voglia apparire e si fa forza come e dove può.
È persino scoppiata una tempesta nel bicchiere del governatore pugliese Emiliano: un aneddoto a dimostrazione della buona fede di Antonio Decaro precipitevolissimevolmente trasformato in un impeachment a suo carico. Si rasenta il ridicolo. Non si può più parlare perché tutto può esserti ritorto contro.
Sull’aneddoto della visita ad usa sorella del boss Capriati è tornato il governatore Emiliano, con una precisazione. «Io ho certamente parlato con la signora Capriati», sorella del boss mafioso Antonio Capriati, «e ho parlato delle resistenze molte forti che Decaro stava trovando per istituire la Ztl a Bari Vecchia. Siccome è una cosa di 18 anni fa, se Antonio ha detto che non se lo ricorda, e non ricorda di esserci stato, è possibile che lui abbia ragione» ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, intervistato dal Tg1 in merito alle dichiarazioni fatte sabato mattina durante una manifestazione a Bari. (dal Sole 24 ore)
Sono veramente e vergognosamente patetiche le posizioni assunte da due ministri che salgono sul pulpito per fare prediche assurde alla luce della loro appartenenza politica e della storia dei loro partiti. Mi riferisco ad Antonio Tajani che dovrebbe starsene zitto e pensare a tutte le malefatte di Berlusconi e c. Così come Roberto Calderoli farebbe bene a pensare ai casini giudiziari vari della Lega e di Matteo Salvini. C’è gente piena di peccati che scaglia pietre a vanvera.
Tuttavia la polemica sale di livello. Su quanto accaduto a Bari “le dichiarazioni di Emiliano non sono da commentare, io non avrei mai parlato con la sorella di un boss per nessun motivo”. Lo ha detto a Potenza il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine di una iniziativa elettorale in vista delle Regionali. E interviene anche un altro ministro. “La risposta per me è una sola, con la mafia non si tratta”: lo afferma in una nota il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli. “Finora non ho voluto occuparmi delle vicende della Città metropolitana di Bari, e neanche commentarle, perché le sta seguendo in maniera impeccabile il ministro deputato a farlo, Matteo Piantedosi”, aggiunge Calderoli. (dal quotidiano “La Repubblica”)
La vicenda finirà nel nulla: non ci saranno elementi per sciogliere il consiglio comunale di Bari a tre mesi dalle elezioni amministrative, ma resterà purtroppo la dubbiosa macchia conseguente alle manciate di fango gettate sconsideratamente contro un sindaco schierato in prima linea contro la mafia. Non sarà per caso un esempio di costume mafioso della politica centralista, che mette in discussione la genuinità dell’antimafia di chi amministra il territorio periferico, finendo col fare un favore alla mafia vera e propria?