“È più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. Oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. La parola negoziare è coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare”. Papa Francesco chiede all’Ucraina di abbandonare ogni idea di vittoria militare sulla Russia e di riconquista dei territori perduti e di sedersi al tavolo delle trattative. Una decisione difficile da prendere, ha riconosciuto il Pontefice nel corso di un’intervista alla Radiotelevisione svizzera, ma che deve arrivare lasciando da parte l’orgoglio e pensando alle innumerevoli vite risparmiate da un cessate il fuoco dopo oltre due anni di guerra: “Hai vergogna, ma con quante morti finirà? – ha aggiunto Bergoglio – Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Nella guerra in Ucraina ce ne sono tanti. La Turchia, si è offerta. E altri. Non abbiate vergogna di negoziare prima che la situazione peggiori”. (da “Il Fatto Quotidiano”)
Il Papa, come al solito, fa dei ragionamenti poco politici e molto evangelici a costo di urtare certe sensibilità politiche, mediatiche, nazionali e internazionali. “Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace” (Luca 14,31-32). So benissimo che questa frase di Gesù non si attaglia al caso Ucraina, ma suggerisce tuttavia di evitare con il buonsenso ciò che la politica e finanche l’etica consigliano seccamente in difesa della dignità di un popolo.
Non mi interessano le precisazioni al cloroformio della sala stampa vaticana nè le sottili interpretazioni del segretario di stato cardinale Pietro Parolin, non mi curo delle reazioni manichee dei media, ancor meno mi tocca la narrazione prevalente sulle guerre in atto e non mi emozionano le pur comprensibili ma patetiche risposte da parte ucraina. Sono perfettamente d’accordo con papa Francesco: ha detto la sacrosanta verità con un pronunciamento “ex colloquium”.
Io, oltre che auspicare finalmente lo sventolio della bandiera bianca (in senso bergogliano), mi permetto di osservare come agli occhi del mondo non si possa perdere, mentre invece credo in un Dio che “punta” apparentemente alla sconfitta. Non era forse bandiera bianca quella che sventolava Gesù davanti al sinedrio e a Pilato? Se avesse puntato alla riscossa sventolando la bandiera ebraica contro i romani, avrebbe avuto a favore gli ebrei e contro i romani. Lui invece è riuscito a scontentare tutti accampando la logica del regno di un altro mondo. C’è però una “piccola” differenza: mentre Gesù non pensava nemmeno lontanamente alla ragionevole resa che Pilato gli offriva con una certa subdola insistenza, papa Francesco “ripiega” su una pace negoziale tra Russia e Ucraina. Non può fare di più, rimanendo nella logica di questo mondo, tentando però di non essere del mondo. Enzo Bianchi, fondatore della Comunità monastica di Bose e della fraternità cristiana Casa della Madia, dove vive oggi, intervistato da Domenico Agasso su “La Stampa” così commenta: “Ma Francesco non è pro-Putin sta solo auspicando il male minore”.
Infine Gesù non si è trincerato dietro il “pericoloso” diritto alla difesa. L’unica battuta in tal senso la riservò a quella guardia che gli dette uno schiaffo mettendosi professionalmente e sbrigativamente dalla parte del sommo sacerdote: «Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». (Giovanni 18, 22.23). Battuta che calza a pennello anche per le parole “politicamente scorrette” dette da papa Francesco a chi staziona illusoriamente o strumentalmente nella logica della guerra.