Dopo le notizie di stupro – purtroppo sono tante, tremende e inquietanti – il ministro Matteo Salvini non va tanto per il sottile, si reca nell’osteria più vicina (suo abituale pulpito) e spara la sua proposta: castrazione chimica per gli stupratori.
Premesso che lo stupro è il gesto più efferato che un uomo compia su una donna, non è ammissibile tuttavia pensare di combatterlo attuando una sorta di “occhio per occhio, dente per dente”: è il miglior modo per lasciare le cose come stanno, chiamandosi fuori dal problema e ricorrendo ad un peraltro impraticabile giustizialismo (appunto) da osteria, che proviene non solo da Salvini ma, come sostiene Monica Lanfranco su MicroMega, da una destra priva di intelligenza emotiva.
Osteria numero 1, paraponzi ponzi po!!! Nel governo c’è qualcuno, che vuol castrar gli stupratori, paraponzi ponzi po!!! E le donne saran salve, paraponzi ponzi po!!!
Naturalmente Salvini riesce a catturare l’attenzione ed un certo consenso: basta alzare la voce per farsi ascoltare e basta dirla grossa per catturare immediati e istintivi applausi.
Tutto però rimane lì, perché la proposta è inagibile da tutti i punti di vista e contraria alle norme di ogni tipo e livello. Salvini se ne torna al governo come se niente fosse, ha recitato la sua parte, ha consolidato la sua immagine di perfetto arruffapopolo.
Mio padre credeva così fermamente alle regole ed alla necessità di rispettarle al punto da illudersi di risolvere il problema dell’evasione carceraria apponendo un cartello “chi scappa sarà ucciso”: lui però almeno intendeva mettere un avviso prima di procedere. “Chi stupra sarà castrato”: così reciterebbero i cartelli che Salvini dovrebbe chiedere a Piantedosi di issare ai crocicchi delle strade, magari con la traduzione in lingue comprensibili agli immigrati. Chissà come si sentirebbero sollevate le donne.
Mia madre era portata a giustificare chi delinqueva, commentando laconicamente: “jén dil tésti mati”. Qui mio padre, in un simpatico gioco delle parti, ricopriva il ruolo di intransigente accusatore: “J én miga mat, parchè primma äd där ‘na cortläda i guärdon se ‘l cortél al taja. Sät chi è mat? Col che l’ätor di l’à magnè dez scatli äd lustor. Col l’é mat!”.
Se fossero ancora in vita e si confrontassero con Salvini ci sarebbe da divertirsi. Mia madre insisterebbe sulla infermità mentale degli stupratori. Mio padre, tra il serio e il faceto, consiglierebbe i cartelli di cui sopra. Poi entrambi si direbbero l’un l’altro: “Mo chi el li lù? Un ministor? I pu cojón i van al guäron… Podrala andär bén l’Italia? As pol savér chi è ca l’à votè?”.
Visto l’andamento dei sondaggi e i risultati delle ultime tornate elettorali relativamente alla Lega, si può dire: “Osterie piene e urne vuote”. Mi si dirà che anche a sinistra i dati del consenso non sono confortanti, della serie “salotti pieni e urne vuote”. Purtroppo è così! Non accetto però di mettere tutti in un unico calderone, bisogna ragionare, valutare e criticare e non bere le cretinate a gola aperta.
Matteo Salvini non è più un caso politico, ma si sta trasformando in un caso patologico. Si pensi al caso di Ilaria Salis, la maestra milanese detenuta in Ungheria e sottoposta a trattamento inaccettabile, per la quale il vice-presidente del Consiglio, anziché cercare di fare il possibile per aiutarla, ha dichiarato: «Da genitore capisco l’ansia e anche alcune dichiarazioni originali del padre di Ilaria Salis, Roberto. È giusto che il governo sia impegnato con tutte le forze per tutelare la ragazza e ne auspico la completa e rapida assoluzione. Ribadisco, però, che Ilaria Salis è stata bloccata con un manganello e in compagnia di un estremista: in caso di condanna per violenze, a mio modo di vedere, l’opportunità che entri in classe per educare e crescere bambini è nulla. Ora stiamo per dare la notizia che già nel 2017 questa signora aveva assaltato un gazebo della Lega a Monza. Vedete? Vi pare normale che una maestra elementare vada in giro per l’Europa, e adesso scopro anche in Italia, a picchiare e sputare alla gente?». Siamo sempre all’osteria per parlare di un caso delicato, che richiederebbe sensibilità ed equilibrio, un po’ di discernimento, mentre invece vengono sparate cavolate (è il caso di dire “espressioni sine grano salis”). Quanto all’assalto al gazebo infatti la Salis è stata assolta per non aver commesso il fatto, in un processo che si è chiuso in primo grado; in secondo luogo non sta a Salvini giudicare l’attitudine della Salis a svolgere la funzione di maestra mentre è in balia della giustizia ungherese ed anche qualora fosse condannata per i reati che le vengono contestati in quel Paese.
Ecco perché mi sento libero di andare anch’io all’osteria e di proporre per lui la laringectomia totale. Mi guarderanno con aria di compatimento, ma, discutendo un po’, forse qualcuno capirà.