Da un articolo apparso sul sito del quotidiano La stampa apprendo che in Italia esisterebbe un gruppo di sei-sette sacerdoti che apertamente non riconoscono Papa Francesco e si definiscono parte del ‘sodalizio mariano’. Si tratta di ex-sacerdoti (almeno alcuni sono tali), che rifiutano Papa Bergoglio e che sostengono che il loro vero Papa è stato solo Ratzinger. Fin qui niente di drammatico: puro folklore fisiologico. Sono contrario tuttavia alla loro scomunica, che rimane un atto odioso e oltre tutto controproducente, in quanto favorisce il loro vittimismo e la loro inopinata penosa propaganda. Dopo essersi vantati delle loro posizioni disubbidienti, aggiungono infatti: “Un po’ di amarezza nel cuore c’è, per questa cecità e questa durezza da parte di colei che dovrebbe essere una madre, la Chiesa. Dovrebbe essere materna e in realtà è una tiranna”. Da un certo punto di vista non hanno tutti i torti, anche se questa loro amarezza è a senso unico: non penso infatti che la esprimano anche per i preti del dissenso “a sinistra”. Rivendicano tolleranza per i tradizionalisti e non certo per i progressisti.
Sempre lo stesso articolo de La stampa mette un po’ di veleno nella coda. Per ricordare Papa Benedetto XVI, nel primo anniversario della morte, c’è stato il 31 dicembre un evento in Vaticano. In questo caso nessuna voce scismatica, ma le critiche a Papa Francesco non sono mancate. Come quelle dell’ex Prefetto della Dottrina della Fede Gerhard Mueller, il quale ha ribadito che “con Benedetto XVI le benedizioni delle coppie gay non sarebbero mai state possibili”. E a chi gli chiedeva se questa posizione non fosse una presa di distanza da Francesco, il cardinale tedesco ha replicato: “Il Vaticano non è l’Unione Sovietica né una monarchia dove c’è uno che decide per tutti e gli altri fanno la Corte”.
Qui il discorso si complica. Rimane comunque valida l’adozione faziosa del metodo democratico solo quando fa comodo. È molto evidente la strumentalizzazione del ricordo di papa Ratzinger in chiave anti-bergogliana. Dobbiamo essere grati a Benedetto XVI, che in vita non si è prestato (salvo un piccolo incidente ben presto rientrato) a fare da sponda alle manovre tradizionaliste e conservatrici. Ora, da morto, non può evitarle, anche se sono convintissimo che ne farebbe volentieri a meno perché finiscono per deturpare il suo papato e soprattutto il suo alto magistero. Papa Francesco vede, sente e, probabilmente e giustamente, se ne frega. Li ha fatti incazzare con la benedizione delle unioni gay: non so se sia stato un ballon d’essai o l’inizio di un ripensamento misericordioso. Ha buttato comunque un bel sasso in piccionaia. Spero non si tratti di canto del cigno…
I sintomi dell’isolamento di papa Francesco tendono ad aumentare; forse gli oppositori al momento appaiono come un’armata Brancaleone di stampo clerico-fascista ben mascherata con argomenti pseudo-teologici, che va dalle eminenze rosso-grige ai finti puritani statunitensi, dai parvenu africani ai bidoni laicali destrorsi; forse sentono l’odore del sangue in vista del prossimo conclave; forse capiscono che il Papa è molto più furbo di quanto si possa immaginare e ha molte buone frecce al proprio arco; forse stanno cercando i giusti coaguli gerarchici e i necessari collegamenti con la base per una battaglia di retroguardia da scatenare al momento opportuno.
Bergoglio evita di pronunciarsi su dogmatiche questioni dirimenti, ripiega (si fa per dire) sui valori evangelici, sullo stile comunitario e sui diritti di tutti gli uomini. Un po’ come fa Sergio Mattarella nella politica italiana. Entrambi parlano a nuora perché suocera intenda. Non ho idea se l’attuale papa stia pensando seriamente alle dimissioni. Anche qui la somiglianza con Mattarella è notevole: entrambi sono consapevoli che esista il rischio del diluvio dopo di loro. L’auspicio è che rimangano al loro posto, a meno che non abbiano qualche sponda segreta. Il discorso vale per Francesco (vedi Spirito Santo), ma ha meno probabilità per il Capo dello Stato (però lo Spirito Santo dovrebbe esserci anche per lui).