Il governo Meloni sta per varare la riforma del premierato. Stando alle bozze in circolazione i punti chiave sarebbero cinque. L’elezione diretta del premier sarebbe la principale novità della riforma costituzionale del governo Meloni. Definita “la riforma delle riforme” dalla ministra Elisabetta Casellati che sul tema ha una delega ad hoc e ci sta lavorando da mesi, è racchiusa in un disegno di legge costituzionale formato da cinque articoli.
Secondo le ultime bozze del disegno di legge costituzionale circolate, la riforma andrebbe a modificare tre articoli della Carta: l’88 sul potere del capo dello Stato di sciogliere le Camere, il 92 sulla nomina del premier e il 94 sulla mozione di fiducia e sfiducia al governo. In sostanza, dalla prossima legislatura le votazioni per l’elezione del Presidente del Consiglio e per il rinnovo delle Camere avverrebbero tramite un’unica scheda elettorale.
Previsto anche un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55% assegnato su base nazionale che assicurerebbe il 55% dei seggi nelle Camere ai candidati e alle liste collegate al candidato premier eletto.
In virtù della riforma e stando alle bozze, al capo dello Stato non spetterebbe più il potere di sciogliere le Camere e di nominare il premier, ma quello di conferire l’incarico al premier eletto, mentre manterrebbe il potere di nomina dei ministri, su indicazione del capo del governo.
Nel testo predisposto dalla ministra si ipotizza che, nel caso in cui il premier si dimetta o decada dal suo ruolo, il presidente della Repubblica possa assegnare l’incarico di formare un nuovo governo al premier dimissionario o a un altro parlamentare eletto e collegato al presidente del Consiglio, «per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del Presidente eletto ha chiesto la fiducia delle Camere». Un modo per garantire continuità alla legislatura, senza ricorrere al voto e che farebbe saltare il meccanismo della sfiducia costruttiva.
Salterebbe anche un’altra prerogativa del presidente della Repubblica, ossia il potere di nominare i senatori a vita. In ogni caso la riforma garantirebbe che gli attuali senatori restino in carica fino alla fine del proprio mandato. (dal quotidiano Il Sole 24 ore)
Non sono un costituzionalista, sono soltanto un inconsolabile innamorato della Costituzione nel merito e nel metodo. Quindi innanzitutto rifiuto categoricamente l’opportunità che una riforma costituzionale possa partire per iniziativa del governo, perché sarebbe frutto di contingenti calcoli di convenienza politica. I successivi passaggi elettorali a livello parlamentare e finanche a livello popolare risentirebbero irrimediabilmente del vizio di origine, di parte e/o di partito, della proposta. Passando al merito si intravedono immediatamente questi interessi particolari volti a consolidare gli equilibri politici attuali e non a cercare nuovi equilibri costituzionale.
Il mio innamoramento è legato anche al carattere parlamentare del nostro sistema, all’equilibrio dei poteri e alla funzione di garante del presidente della Repubblica. La bozza di riforma di iniziativa governativa trasforma surrettiziamente l’Italia in Repubblica presidenziale in diretta ma strumentale connessione popolare. I poteri del Parlamento e del Capo dello Stato vengono infatti fortemente ridimensionati.
Niente mi toglie dalla mente che la riforma avviata abbia tra i suoi scopi proprio il ridimensionamento della figura di Sergio Mattarella, unico vero antagonista istituzionale dell’attuale governo. E questa sarebbe una riforma costituzionale? Questa è solo una “manovretta” per rafforzare l’attuale destra politica, tacitando il Quirinale. Ci puzza di regime: controllo sistematico e maniacale dei media, parlamento ridotto a cassa di risonanza del governo, populisticamente collegato all’elettorato, magistratura ridimensionata nella sua autonomia, presidenza della Repubblica ridotta a mera funzione di rappresentanza.
Il timore di fondo è che una classe politica minoritaria nel Paese (col consenso della minoranza della minoranza degli italiani) possa porre le radici di un diverso sistema costituzionale e di conseguenza possa rendere stabile un equilibrio imperfetto basato sull’indifferenza e sulla sfiducia dei cittadini in cerca di autore.
Non so come procederà l’iter per la riforma costituzionale di cui sopra: spero che qualche granello di sabbia possa fermare le rotelle di un perverso meccanismo avviato spregiudicatamente nella confusione generale. La tanto bistrattata riforma ideata da Matteo Renzi era ben altra cosa, anche se discutibile. Tendeva a razionalizzare, modernizzare e snellire il sistema e non a snaturarlo e come tale la giudicai e al referendum votai a favore. Mi stupisce che Renzi abbia garantito un appoggio di massima alla riforma Casellati/Meloni: chi capisce la politica di questo personaggio è molto bravo. Vedo Renzi, e la sua piccolissima armata Brancaleone, allo sbando: trattasi di un animale politico che, pur fra qualche furbesca intuizione politica, rischia di contribuire a portare il Paese allo sbando.