“Ho una lettera dell’Anac che spiega l’inesistenza di incompatibilità”, ha detto ieri Sgarbi per difendersi dall’accusa di essere un “sottosegretario a gettone” in pieno conflitto di interessi, di approfittare cioè del suo ruolo per aggiungere al ricco stipendio i compensi per conferenze e inaugurazioni, cosa che la legge impedisce. Ma Sgarbi brandisce pareri dell’Antritrust e dell’Anticorruzione che – a suo dire – lo solleverebbero da ogni addebito. Peccato che quei pareri parlino d’altro, e infatti, da entrambe le autorità di controllo ieri è trapelata irritazione. La stessa che serpeggia nel governo dopo l’inchiesta del Fatto che ha acceso un faro sull’attività del critico che si organizzano dentro un ministero ridotto a “casa e bottega”, tra la figlia della domestica assunta nello staff e il capo segreteria che contratta i cachet e fattura: 300 mila euro in nove mesi, molti in odore di conflitti di interessi.
L’Agcm, su segnalazione del ministro Sangiuliano, proprio ieri ha aperto un’istruttoria per verificare se quelle attività sono compatibili o meno. Non lo ha fatto prima per un semplice motivo: Sgarbi si è ben guardato dal segnalarle, come con il ministro. “Sapevo che andava in giro a fare inaugurazioni e mostre, mai avrei pensato che si facesse pagare”, ha detto Sangiuliano al Fatto. Perché la legge 215/2004 vieta a ministri, vice e sottosegretari di “esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati”. Perfino “all’estero”. Sgarbi le svolge in tutta Italia, a pagamento. E i pareri che cita? Nell’ultima relazione dell’Agcm, dello scorso giugno, ci sono davvero, ma li cita a sproposito, perché si riferiscono solo alle cariche in fondazioni ed enti culturali. E al giornalismo. (dal “Fatto quotidiano”)
Vittorio Sgarbi non mi è antipatico con quella sua aria da Gianburrasca della politica, ma un conto è esporre il proprio pensiero in controtendenza, cosa che in tanta omologazione può essere un fatto positivo, altra cosa è violare regole di evidente incompatibilità e negare l’evidenza.
Non voglio impiccare Sgarbi alle autorità garanti di Anac e Agcm (forse la questione non merita tanto clamore giuridico), ma politicamente non posso accettare che un membro del governo faccia i cazzi suoi con attività in palese conflitto d’interesse con le sue funzioni e competenze di sotto-segretario. Sgarbi la giri come vuole, ma non ci può stare.
Non credo che l’incidente crei grossi problemi al governo Meloni anche se non gli farà di certo piacere. Il governo ha ben altre enormi grane da affrontare. Non credo nemmeno che il fatto in sé costituisca enorme scandalo. Tuttavia a Sgarbi non dovrebbe restare altro da fare che chiedere umilmente scusa, semmai dare in beneficenza gli introiti impropriamente incamerati e, cosa quasi impossibile in questo Paese, rassegnare le dimissioni.
Sgarbi di certo penserà che altri suoi colleghi di governo in materia affaristica sono ben più invischiati di lui e quindi, mal comune mezzo gaudio o, meglio, scorrettezza comune mezza inattaccabilità. Probabilmente si riterrà molto più competente e professionalmente adeguato di tanti ministri capitati per caso nell’attuale governo. Riterrà di essere un mostro di bravura rispetto al suo ministro di riferimento che snocciola cazzate a raffica. Dirà che alla gente non interessano i suoi compensi extra, ma che i cittadini comuni guardano al governo che non riesce a difendere i loro stipendi e le loro pensioni falcidiate dall’inflazione e dal caro-vita. Tutte travi vere che non tolgono la pagliuzza(?) sgarbiana. Si tolga la pagliuzza dagli occhi e si dedichi alle travi governative: sarebbe bellissimo per lui, per me e per tutti.