Mio padre, che non era un animalista anche se rispettava fino in fondo la vita degli animali, rilevava acutamente come di fronte alla caduta di un cavallo gli astanti esclamino “povra béstia”, mentre di fronte alla caduta di una persona si sbellichino dalle risa. Così come fingeva di stupirsi delle cure maniacali prestate agli animali domestici a dir poco sproporzionate rispetto all’intransigenza verso il comportamento dei bambini. Forse dà molto più fastidio la cacca proveniente dalla prima infanzia di quella derivante dalle deiezioni animali peraltro spesso scaricate sulla soglia del vicino o sulle strade del quartiere. Indubbie contraddizioni!
Oggi forse si stupirebbe del clamore provocato dall’uccisione dell’orsa Amarena, mettendolo a confronto con l’indifferenza con cui assistiamo alle carneficine di esseri umani in terra, in mare e in ogni luogo. Il discorso si fa molto profondo e inquietante, ma bisogna pure ammettere che siamo portati a fare del pietismo a corrente troppo alternata.
Contiene un fondo di verità il detto secondo il quale chi non ama gli animali non è capace di amare gli uomini: tendiamo infatti ad esercitare la nostra sovranità assoluta sulle bestie, le usiamo a nostro piacimento senza riguardo e rispetto, poi, quando recano qualche disturbo alla nostra quiete li eliminiamo, senza considerare le sevizie e le torture cui a volte li sottoponiamo. Basti pensare al fenomeno dell’abbandono dei cani in occasione delle ferie estive.
Se, come sostiene papa Francesco il rispetto per tutto il creato va di pari passo con la giustizia e lo sviluppo sociale, anche gli animali dovrebbero rientrare in questo circuito virtuoso di progresso civile. Quindi è più che giusto condannare e punire tutti gli atti di violenza nei confronti degli animali. Resta però il rammarico per tanta commiserazione verso le bestie che non trova proporzionata corrispondenza nell’attenzione alla vita delle persone.
Forse è più comodo commuoversi di fronte alla morte ingiustificata di un’orsa piuttosto che davanti alle stragi di esseri umani che finiamo col considerare cosa ineluttabile. Non voglio esagerare ma forse si tratta di una forma di ipocrisia nascosta dietro la pur giusta ansia animalista. D’altra parte purtroppo la nostra vita personale e sociale è piena zeppa di contraddizioni. Cerchiamo la pace fabbricando, commercializzando e usando armi, combattiamo la povertà privilegiando la ricchezza, curiamo le malattie infestando l’ambiente, fondiamo la società sul lavoro salvo permettere che di lavoro si muoia regolarmente, ci riempiamo la bocca con la difesa della dignità della donna salvo esibirne il corpo a livello consumistico e via discorrendo.
Non rimane che cercare di essere un po’ più coerenti e magari qualcosa al riguardo ce lo può insegnare il regno animale dove vige la legge del più forte, ma con un senso ben preciso, mentre per il settore umano di tale regno vige la stessa legge, ma senza senso.