Nelle tre ore di dibattito si sono fatte ben ascoltare le parole del senatore Luigi Spagnolli (Autonomie). Non ha condiviso lo strumento della mozione di sfiducia ma, ormai che ci siamo “voglio dire come le penso”. Il problema signora ministra “non è che lei si debba dimettere da ministro. Il problema è che lei sia diventata ministro. Non è il Senato che la processa ma il groviglio di menzogne nell’aula del Senato, di potenziali conflitti interesse, di vicende tutte da chiarire che la rendono politicamente incompatibile con il suo ruolo”. Segue l’elenco impietoso delle domande a cui dovranno rispondere le inchieste della magistratura: gli ex dipendenti ancora in attesa del TFR; che fine hanno fatto i 2,7 milioni di euro prestati da Invitalia alle società Visibilia e Ki Group; c’è stato uso fraudolento della Commissione d’inchiesta Covid come denunciano alcuni dipendenti? “È opportuno – ha chiesto Spagnolli – che la Santanchè-imprenditrice negozi con l’Agenzia delle Entrate il rientro dei debiti fiscali quando la Santanché-Ministra siede in Cdm con il Ministro che dell’Agenzia ha responsabilità diretta?”. O che la Santanché-imprenditrice porti a garanzia gli introiti del Twiga quando la Santanché-Ministra è impegnata sul rinnovo delle concessioni ai balneari?”. I filoni di indagine per cui la ministra del Turismo è indagata o di cui sono oggetto le sue attività imprenditoriali ipotizzano il falso, la bancarotta, l’aggiotaggio, la truffa. Sempre che non porti altro anche la miracolosa compravendita della villa a Forte dei Marmi che ha fruttato in meno di un’ora un guadagno di 753mila euro alla famiglia La Russa-Santanchè tramite le maglie del presidente del Senato e il compagno della ministra. (dal quotidiano “Il riformista”
Mi chiedo se sia possibile che un ministro della Repubblica con questo popò di pendenze sul capo possa rimanere al proprio posto trincerandosi dietro un voto di fiducia parlamentare. Da un punto di vista squisitamente giuridico sì, sul piano etico no, sul piano politico nì o sò. È pur vero che la nostra è una Repubblica Parlamentare, ma tutto ha un limite e prima e oltre che al Parlamento un governante deve rispondere alla Costituzione, al popolo sovrano e allo Stato nel suo complesso.
Le opposizioni sono state fin troppo politicamente corrette: c’è chi ha affondato i colpi, chi non ha infierito più di tanto, chi ha fatto addirittura il pesce in barile. Il punto d’attacco doveva essere quello etico, argomento che i cittadini sentono molto, invece… Ho riportato sopra l’intervento del senatore Luigi Spagnolli in quanto risponde a questa necessità di fare chiarezza.
Si dice che in altri Paesi democratici un ministro invischiato come Daniela Santanché si sarebbe già dimesso da parecchio tempo, forse non sarebbe nemmeno stato nominato. Non voglio guardare all’estero, preferisco rimanere in Italia. Se devo essere sincero mi ha stupito l’atteggiamento del Quirinale in sede di formazione del governo (fino a prova contraria infatti la Santanché è stata nominata da Mattarella seppure su proposta di Giorgia Meloni): troppa indulgenza verso personaggi chiacchierati ed eticamente inadatti al ruolo. Mi stupisce poi che il Presidente della Repubblica non abbia usato la moral suasion per far dare le dimissioni a questa imbarazzante ministra: doveva alzare la cornetta del telefono e consigliarglielo caldamente (una sorta di imposizione più che opportuna a costo di innescare uno scontro istituzionale).
Un’ultima considerazione sul Partito Democratico: non riesce a toccare le menti, i cuori e le coscienze degli italiani. Forse avrà qualche timore di ritorsioni dialettiche in merito a propri peccati? Se è così, meglio che vadano a casa tutti… Personalmente, fossi stato un senatore, di fronte al diniego di questa ministra ad assumersi le proprie responsabilità, mi sarei dimesso in segno di protesta contro un andazzo inqualificabile della politica a prescindere dagli schieramenti e finanche dal voto elettorale. Qualcuno in questo Paese addormentato dovrà pur cominciare a dare qualche segnale!