Trovata l’intesa nella maggioranza sul nome del generale Francesco Paolo Figliuolo come commissario alla ricostruzione dopo l’alluvione che a inizio maggio ha colpito l’Emilia Romagna e parte di Marche e Toscana. Ora si attende la formalizzazione della nomina. Figliuolo, comandante del Comando operativo di vertice interforze, ha ricoperto il ruolo di commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 da marzo 2021 a marzo 2022. Era soprattutto la Lega a frenare uno dei nomi più gettonati, quello dell’attuale governatore dell’Emilia Stefano Bonaccini, nome sposato invece e sollecitato fino all’ultimo dall’opposizione.
La montagna politica ha partorito il topolino tecnico? Sì, perché la prima reazione che mi viene spontanea è quella di preoccuparmi per questo progressivo indebolimento della politica che, nemmeno di fronte ai cataclismi riesce a trovare il filo della matassa e si rifugia nella mera difesa degli interessi di parte, superando, come se niente “fudesse”, le opportunità istituzionali e le rappresentanze territoriali. Un ritorno al draghismo? No, un omaggio alla peggior politica a prescindere dai pregi e difetti del commissario appena nominato.
Quanto al metodo Draghi, continuo a non capire perché, se era valido, si fece di tutto per interromperlo proprio teorizzando un ritorno al protagonismo della politica. E quando la politica deve battere un colpo preferisce rifugiarsi altrove. Evviva la coerenza!
Senza pensare che la carica di commissario del post-alluvione è molto diversa da quella di commissario per la vaccinazione di massa anti-covid. Ben più politici sono gli aspetti da affrontare. Ci sarà da fare i conti a livello di stanziamenti governativi, di rapporti con gli enti territoriali, con le forze sociali, con il mondo del volontariato così tanto giustamente osannato, con i ministri competenti, con la regione Emilia-Romagna, financo con la Ue. Ci sarà da gestire il risanamento e la ricostruzione nelle zone disastrate. E via di questo passo. Se non è politica questa… Invece al presidente della Regione si preferisce un alto esponente delle forze armate. Non ci siamo. Avrei fatto lo stesso discorso se il governatore dell’Emilia-Romagna fosse stato un leghista, lo farei ad esempio per il Veneto (sperando che questa regione non abbia mai simili problemi).
Per il dopo Draghi hanno voluto a tutti i costi la bicicletta e ora non sanno pedalare. Si danno arie da statisti e non hanno il benché minimo senso dello Stato, nemmeno per affrontare le situazioni più drammatiche per il Paese.
Non sto gufando, mi auguro che il generale Figliuolo, uomo serio e molto impegnato, possa fare un ottimo lavoro e che tutti gli diano collaborazione e non lo mandino allo sbaraglio. Sto solo facendo un discorso che mi angustia: vedo la politica sempre più debole e lontana dai cittadini, mentre crescono a dismisura i problemi interni ed internazionali. Aumenta la povertà, cresce la precarietà, la sanità viaggia a scartamento ridotto, la scuola è un disastro, l’economia è in gravissime difficoltà anche a causa dei tremendi danni alluvionali. Il malcontento non può che regnare sovrano, non trova sbocchi nella rappresentanza politica, si sfoga nell’astensionismo. Fino a quando?
Le piazze prima o poi si riempiranno e non sarà una festa. Le proteste prima o poi si faranno dure e magari violente. Dio non voglia che rispunti qualche rigurgito terroristico. In questo contesto di prospettiva il governo gioca a smantellare lo storico potere della sinistra in Emilia-Romagna. Stringi-stringi siamo arrivati al punto che tutti pensano e pochi dicono. Non pensavo di dover assistere ad una simile debacle della politica e ad un simile corto circuito sociale. Probabilmente siamo solo agli inizi, il più brutto deve ancora venire…