«La giustizia fiscale tra i cittadini», uno dei principi fondamentali della Costituzione. Sergio Mattarella lo ha ripetuto tante volte. E lo ha ribadito ancora al Quirinale incontrando il nuovo capo della Gdf Andrea De Gennaro.
Parole come quelle del Capo dello Stato, sembrano ovvie, ma non lo sono affatto. Confrontiamole infatti con quelle che in materia hanno sciorinato alcuni governanti del presente e del passato.
Il Guardasigilli del governo Meloni, l’ex pm Carlo Nordio, ha infatti, proprio in questi giorni, detto: “Sono stato in magistratura fino al 2017 e non ho mai visto un evasore in manette. Il che significa che o qualcosa non ha funzionato o si parte da un principio sbagliato. Cioè che la legge penale abbia un effetto dissuasivo repressivo. Il criminale quando decide di delinquere non va a spulciare il codice penale per vedere la pena, pensa sempre di farla franca. Tutto questo ha provocato, però, una serie di processi penali assolutamente inutili, dannosi per tutti”.
La legislazione tributaria attuale, “purtroppo, è schizofrenica e piena di ossimori”, mentre il sistema sanzionatorio nuovo “rappresenta un’assoluta novità e si inserisce in un più ampio programma di risoluzione della giustizia”, che punta in primis alla “semplificazione normativa”. Il ministro ha, poi, citato le parole del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sottolineando che “l’approvazione della delega sulla riforma fiscale è una vera e propria svolta per l’Italia, una rivoluzione attesa da 50 anni. Con il nuovo fisco delineiamo una nuova idea d’Italia, vicina alle esigenze dei contribuenti e attrattiva per i contribuenti”.
“Se l’imprenditore onesto decidesse di assoldare un esercito di commercialisti, dicendo loro ‘io pago fino all’ultimo centesimo di imposte e pago voi e voi mi dovete far dormire sonni tranquilli’ non ci riuscirebbe, perché comunque qualche violazione verrebbe trovata” aggiunge il Guardasigilli. (Adnkronos)
E veniamo alla premier Giorgia Meloni. A Catania, alla chiusura della campagna elettorale per le amministrative siciliane, non è riuscita (non ha potuto o voluto) trattenere ‘’una voce dal sen fuggita’’ rivelatrice dei suoi reconditi pensieri: “L’evasione devi combatterla dove sta: big company, banche, non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato solo perché devi fare caccia al reddito più che all’evasione fiscale”. (Uffpost)
In una sorta di crescendo rossiniano arriviamo a Silvio Berlusconi, ad una delle sue amate barzellette sui finanzieri: indimenticabile quella raccontata più volte nei comizi. Eccola: «In un’azienda si sente bussare alla porta con decisione alle 7,30 di mattina: “Toc, toc”. “Chi è”, risponde preoccupato il capo azienda. “Siamo i ladri, dobbiamo fare una rapina”. “Ah, meno male. Credevo fosse la Guardia di Finanza”». (Verità e Affari)
Le affermazioni di Nordio sono furbe ma inaccettabili, in quanto provengono da un governante, che non dovrebbe essere rassegnato a convivere con la debolezza dello Stato e della Legge istituzionalizzandola in una sorta di “liberi tutti”, non dovrebbe buttare elegantemente la spugna, ma dovrebbe fare di tutto per capovolgere le situazioni di ingiustizia.
Molti anni or sono, il Ministro per la riforma burocratica Massimo Severo Giannini, dopo qualche tentativo si dimise annunciando il proprio espatrio verso gli Stati Uniti. L’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che lo aveva nominato, si incazzò giustamente. Un governante non può comportarsi così. Nordio ripete attivamente l’errore commesso passivamente da Giannini.
Le sparate demagogiche di Giorgia Meloni arrivano a barattare i principi costituzionali con un piatto di lenticchie servito agli evasori buoni da contrapporre agli evasori cattivi. Roba da matti, i padri costituenti si scaravolteranno nella tomba. L’articolo 53 Della Costituzione recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Sulla Costituzione e sull’equità fiscale non si può quindi scherzare.
D’altra parte il contrastato e disturbato mentore di Giorgia Meloni, quel Silvio Berlusconi che peraltro la giudicava supponente, prepotente, arrogante e offensiva, sul fisco scherzava apertamente, salvo poi lasciarci le unghie a livello penale, dando immancabilmente la colpa all’accanimento dei magistrati.
Morale della favola: flat tax più o meno camuffata, condoni fiscali più o meno subdoli, legittimazione strisciante dell’evasione. Ha il suo bel daffare il Presidente della Repubblica a brandire la Carta Costituzionale davanti a gente che di quella carta fa un uso assai improprio, molto simile a quello che Umberto Bossi voleva riservare al tricolore.