“Cominciate a fare le brigate di cittadinanza – dice dal palco al popolo pentastellato – mascheratevi col passamontagna e di nascosto andate a fare i lavoretti, sistemate i marciapiedi le aiuole, i tombini, senza dare nell’occhio”.
Non ci voleva molto a capire che si trattasse di una provocazione ironica che intendeva scuotere i cinquestelle e spingerli a reagire ad un certo andazzo della politica e dell’amministrazione della cosa pubblica. Ma esponenti politici e media in mala fede hanno reagito scandalizzati sostenendo che si trattasse di un equivoco e pericoloso invito alla politica armata.
Beppe Grillo è stato così costretto a tornare ad ironizzare: “Per favore fermatevi, era una boutade. Possibile che prendete tutto sul serio? Arrivano notizie drammatiche: è stato avvistato un pensionato di 74 anni che stava aggiustando sei tombini di notte con il passamontagna. Un albanese con la cazzuola ha messo a posto otto marciapiedi nella notte con il passamontagna”. Ed ha aggiunto: “Serve anche una legge. Il governo deve reagire, deve fare una legge. Abolire l’abuso d’ufficio e mettere l’abuso di lavori socialmente utili. Finitela. Siate coerenti con voi stessi e con il governo e con la politica. Uscite e applaudite la città. Dovete dire – ha concluso Grillo – ‘guarda che bel tombino devastato, che meraviglioso marciapiede rotto, guarda che piante ammuffite!’. Questo dovete fare. Smettetela perché altrimenti scoppia un casino ottimale!”.
Le reazioni più strumentali si sono avute nel partito democratico la cui segretaria aveva partecipato alla manifestazione grillina contro la precarietà durante la quale è avvenuto il “fattaccio” e la cui seduta della direzione ne è stata pretestuosamente “influenzata”.
“Il ritorno sul palco di Beppe Grillo inguaia Elly Schlein e il Pd. L’uscita sulle «brigate di cittadinanza con passamontagna» (in realtà lanciate mesi fa dal garante e proposte come una libera associazione di cittadini per lavori di pubblica utilità) crea scompiglio e ieri ha portato alle dimissioni dal Consiglio regionale del Lazio di Alessio D’Amato, ex assessore alla Salute e candidato del centrosinistra alle scorse regionali. Non è il solo ad aver espresso disagio rispetto alla partecipazione della segretaria al corteo voluto sabato da Giuseppe Conte contro la precarietà, ma la sua reazione è certamente quella più rumorosa. «Va prestata grande attenzione a cosa si dice. E se lo si fa in una manifestazione pubblica, sì, possono essere considerate eversive – ha detto D’Amato -. Il passamontagna si è messo in circostanze nefaste per la Repubblica mentre per le proprie idee si combatte a viso aperto». Non è chiaro al momento se le dimissioni siano l’anticipo di un addio al partito (magari per approdare proprio al Terzo polo) ma il diretto interessato non pare escluderlo: «Dipenderà dall’evoluzione della discussione nei prossimi giorni. Sono sorpreso che nessuno mi abbia chiamato e lavorerò per far valere le tesi della sinistra riformista, che deve avere un linguaggio chiaro, farsi comprendere e contrastare sia i sovranisti che i populisti». Da notare inoltre che è stato lo stesso D’Amato a segnalare il diffuso «malcontento e malessere» nel partito «a cui bisognerà dare una risposta politica» e comunque, ha aggiunto, «la cosa più grave è che a 24 ore di distanza dalle parole di Grillo non ci sia stata una presa di distanze netta».
A ricucire ci ha provato Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, coordinatore dei primi cittadini Pd, ma anche sostenitore dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio: «Se Schlein ha sbagliato ad andare nella piazza della manifestazione organizzata da Conte? No. Noi dobbiamo trovare un modo di coordinarci con le opposizioni. Altrimenti Meloni farà quello che vuole. È giusto che la segretaria tessa una tela su temi specifici». «Le parole di Grillo sono sbagliate e pericolose – ha aggiunto -. Credo che le abbia scelte per prendersi la scena e ostacolare un rapporto costruttivo tra le opposizioni. Che invece dovrebbe essere l’obbiettivo di tutti. Invece, alla prima vera occasione d’incontro, ci ha pensato Grillo con la sua uscita a ostacolare quell’avvicinamento»”. (dal quotidiano “Avvenire”)
Una volta tanto che Beppe Grillo fa bene il proprio mestiere di buffone prestato alla politica si scatena un’assurda polemica. Mi pare che in questo caso sia più buffonesca la posizione di Alessio D’Amato che muore dalla voglia di uscire dal PD e trova un inconsistente pretesto per farlo o cominciare a farlo.
Mi vengono spontanee due riflessioni, una di merito e una di metodo. Nel merito sono d’accordo con Grillo: chi amministra e governa deve smetterla di parlare di massimi sistemi e deve cominciare a farsi su le maniche affrontando i problemi concreti della gente. Un modo per combattere la precarietà potrebbe essere ad esempio anche quello di impegnare le persone, disoccupati, sottoccupati, detenuti, etc., nei lavori socialmente utili. La protesta popolare dovrebbe proprio partire dalle cose piccole per arrivare gradualmente a quelle grandi.
Nel metodo penso che anche la provocazione, l’ironia, l’iperbole dialettica possano avere la loro funzione positiva esattamente contraria a quella temuta dai benpensanti, vale a dire distogliere i contestatori dalla protesta violenza per farli confluire nella proposta disincantata e concreta.
Quanto al partito democratico, mi pare che inchiodarlo ad una sorta di diaspora grillina sia il modo peggiore possibile per rinnovarlo e rilanciarlo. E poi non si dice che il PD ha perso contatto e consenso a livello popolare? Allora, scendere in piazza su temi squisitamente popolari come la lotta alla precarietà non è un modo per recuperare contatti e consensi? Certo, non basta, ma tanto per cominciare…