Ho ascoltato con grande interesse ed ammirazione l’intervista che Corrado Augias ha rilasciato a Giovanni Floris nell’ambito del programma televisivo “Di martedì” in merito al personaggio “Berlusconi” (che Dio l’abbia in gloria…).
Augias ha sfoderato la sua consueta classe (che però spesso lo frena e non gli consente di andare a fondo nelle analisi), il suo alto livello di giornalista (un giornalista sui generis, troppo equilibrato per essere tale, poco dotato di senso politico per essere commentatore della politica stessa), la sua notevole capacità comunicativa (giocata più sull’abilità dialettica che sui contenuti), la sua elevata cultura (anche se non troppo profonda). Un mix di acutezza, scetticismo e ironia che lo lascia però sempre a metà del guado. Detta in modo brutale un “pistapòcci”: dico cose spiacevoli perché stanco e stressato da una vomitevole deriva di chiacchiere fuorvianti. Forse i media sentono odore di regime post-berlusconiano e si stanno preparando alla bisogna. Da parte mia invece sento odore di resistenza e la farò con tutta la forza delle idee che potrò mettere in campo.
Quando ho l’occasione di seguire Augias nelle sue performance televisive, da una parte mi compiaccio delle indubbie capacità, ma dall’altra parte mi dispiaccio della eccessiva, forse caratteriale, prudenza. Ad esempio, in questo momento molto delicato nella vita della Rai, di cui lui è un autentico pilastro, non ha il coraggio di uscire allo scoperto e di andare oltre le eleganti punture di spillo verso i governanti attuali. Forse pretendo troppo e preciso che non ho alcuna intenzione di sparare sul pianista.
Ma veniamo ai contenuti dell’intervista e ai giudizi da lui sciorinati su Silvio Berlusconi.
Dopo avere espresso l’ovvia contrarietà alla proclamazione del lutto nazionale per un personaggio altamente e rovinosamente divisivo per il Paese, ha fatto l’affermazione più interessante che abbia sentito in questi giorni: “Ha inciso sul costume” degli italiani. È la sintesi perfetta dell’azione berlusconiana. Ma se non si aggiunge che ha cambiato il costume, catapultando la scala dei valori etici e democratici e mettendo al primo posto falsi nuovi valori, rischiamo di qualificarlo come un innovatore coraggioso che ha svecchiato le mentalità e i comportamenti della gente. Ecco il difetto di Augias che torna puntualmente: non scavare, non approfondire, restare in superfice, dire e non dire.
Quanto al bilancio politico del berlusconismo, Augias si è accodato alla sbrigativa constatazione della “rivoluzione liberare promessa e non mantenuta”, senza fornire nemmeno un elemento caratteristico del liberalismo e soprattutto senza precisare che non solo nel governo di Berlusconi non c’è stato niente di liberale, ma tutto di populistico, che è il suo esatto contrario: un populista, come nella storia ce ne sono stati tanti e come ce ne sono ancora.
Il passaggio più inaccettabile dell’intervista è quello sulle “ombre nella vita di Berlusconi”. Non mi interessano, non hanno importanza. Il solito stucchevole ricorso al “politicamente corretto”. E la coerenza dove la mettiamo? Se coniughiamo la sua vita con queste ombre, che non sono sospetti, ma dati obiettivi e inconfutabili, si sgretola tutto. Il ricorso alla corruzione è stato un dato caratteristico del suo modo di fare l’imprenditore e il politico: non si può prescindere. Sarebbe come dire di una persona: è brava senza considerare tutte le sue malefatte…
Qualcosa Augias dice quando lo definisce “un politico che parlava come un venditore”. Di cosa? Di fumo, di sé stesso, di promesse assurde? “Ha tolto le forme alla vita democratica ed istituzionale”, che sono sostanza. Ha tolto o sconvolto, dico io, i valori della democrazia. Altro che svecchiamento, altro che innovazione, altro che interpretazione degli umori della gente. Molto più coraggioso di Augias fu Indro Montanelli, che, dopo aver pagato di persona la sua ostilità al regime berlusconiano, lo definì un politico capace di valorizzare ed incoraggiare tutti i peggiori difetti degli italiani. Era fortemente innovativo? Certo, buttava via tutti i bambini (le cose migliori) per conservare l’acqua sporca (le cose peggiori).
Veniamo al rapporto con le donne. Secondo Augias, Berlusconi era rimasto un italiano di vecchia generazione, un maschilista, oltre tutto di cattivo gusto (barzellette scollacciate). Smascherato nella sua vita sessuale dalla moglie Veronica (ce ne aveva messo del tempo a capirlo…), non rispettò la Costituzione laddove prescrive “onore” per le persone investite di ruoli pubblici. Augias però si ferma (forse per carità di Patria) e sorvola sul fatto che portò sé stesso e coinvolse il Paese in una deriva di libertinaggio, che tuttora segna indelebilmente la nostra reputazione. E le donne lo amavano lo stesso, come le guardie di finanza sputtanate dalle sue barzellette, come i preti imbarazzati dalle sue immoralità e persino dalle sue barzellette e bestemmie: una sorta di masochismo all’italiana.
I commentatori sono belli come il sole: quando non sanno cosa dire di buono su Berlusconi, si rifugiano nelle sue capacità imprenditoriali, lasciando stare le ombre…Lo ha fatto anche Augias favoleggiando su autentici miracoli aziendali del cavaliere. Ma quali miracoli? A detta del suo grande amico e collaboratore Fedele Confalonieri, se non fosse entrato in politica, sarebbe stato rovinato, fallito a rischio di galera. Ma fatemi il piacere…
Per quanto concerne il modello istituzionale populista, fornito da Berlusconi e utilizzato, più o meno consapevolmente da altri suoi illustri colleghi a livello internazionale, Augias è caduto in una sorta di lapsus freudiano: “Anche Mussolini fu un modello…”. Prontamente si è corretto affermando che il parallelo lo faceva solo “ad hoc”, intendendo dire che non voleva aprire il triste, ma importantissimo capitolo del “berluscismo”. Dal momento che Augias è molto attento alla proprietà di linguaggio, gli faccio presente che “ad hoc” vuol dire “allo scopo di…” oppure “adatto a…”: quindi il richiamo a Mussolini a quale scopo è stato fatto e a quale ipotesi era adatto? La verità è che questo tasto non si può toccare anche se la lingua democratica dovrebbe battere ovunque il dente fascista duole.
E poi, dulcis in fundo, la riluttanza a parlare della sinistra, facendo finta di non capire che, come sostiene Norberto Bobbio è molto più facile conservare che cambiare: la sinistra dovrebbe essere progressista, ma non può fare politica con gli slogan come ha fatto Berlusconi, deve mettere in campo i suoi valori che comportano anche lacrime e sangue. Poco appropriato e quasi indisponente mi è sembrato il richiamo al moderatismo procedurale di Moro e Berlinguer. Lasciamo stare i veri santi… Mentre Berlusconi demoliva lo Stato, la sinistra purtroppo è stata a guardare. Speriamo che non lo faccia anche in riferimento agli eredi di Berlusconi a prescindere da chi saranno rappresentati.
In conclusione – a giudizio di un aberlusconiano sfegatato, preso in contropiede dalla melassa filoberlusconiana e dalla omertosa ed opportunistica narrazione imbastita dopo la sua morte e chissà per quanto tempo ancora – una occasione parzialmente persa per dire qualche verità, ma tant’è…d’ora in poi non si potrà parlare male della mamma e dei carabinieri, ma anche di Berlusconi.