Mia madre, nella sua radicalità di fede, non voleva saperne di partecipare a funerali civili. Le poche volte che mi è capitato di sbatterci la testa sono rimasto colpito dalla loro tristezza e inconsistenza: la morte senza un minimo di senso religioso è una presa in giro per chi muore e per chi rimane.
C’è però un altro tipo di funerale, lo abbiamo sperimentato con quello di Silvio Berlusconi: un funerale mondano, ospitato in pompa magna nel duomo di Milano, tra vip della politica, dello spettacolo, dei media, dello sport, a cui ha partecipato (?) in lontananza una folla scatenata ed osannante con tanto di cartelloni e bandiere, col clero celebrante a fare da maestro di cerimonie o da paraninfo a seconda dei punti di vista e con un teologo (don Walter Insero) a portare il lume su Canale 5.
«Sono molto addolorato per la morte di Silvio Berlusconi – ha detto il cardinal Camillo Ruini, non l’ultimo dei preti, presidente della Cei all’epoca del berlusconismo imperante – era persona di grande intelligenza e generosità. Ha avuto meriti storici per l’Italia, soprattutto avendo impedito al partito ex comunista di andare al potere nel 1994. E anche per l’instaurazione del bipolarismo. Inoltre – ha aggiunto Ruini – ha operato molto bene in politica estera». Il cardinale non ha nascosto i suoi sentimenti: «Sono stato uno dei suoi amici. Domani celebrerò la santa Messa per lui, perché il Signore nella sua misericordia lo accolga nella sua eterna pienezza di vita». Fu proprio il cardinal Ruini nella sua qualità di vicario di Roma a negare, diversi anni fa i funerali religiosi a Piergiorgio Welby. La Chiesa è bella perché è varia.
I funerali di Berlusconi li ho definiti “mondani”, sì del bel mondo dei ricchi. Andiamo alla Bibbia, a san Giacomo e alla sua lettera: “Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: «Tu siediti qui comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti in piedi lì», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?”.
Una gerarchia cattolica che fa il pesce in barile, senza coraggio e senza coerenza. D’altra parte nei rapporti con Berlusconi ha tenuto nel tempo atteggiamenti di benevola e opportunistica comprensione e anche in questi giorni non si è smentita. E pensare che Gesù Cristo ha detto: il vostro parlare sia sì-sì no-no, il di più viene dal maligno. Di fronte alla morte di Silvio Berlusconi la Chiesa si è accodata alla leccata globale, aggiungendo alla santificazione socio-politica anche quella religiosa.
Non pretendevo certo che venissero rifiutati i funerali religiosi, bastava un po’ più di sobrietà: invece, all’esagerato funerale di Stato la Chiesa ha aggiunto quello nel duomo di Milano celebrato dal vescovo della diocesi milanese.
Ho seguito per pura curiosità, anche se mi vergognavo di sbirciare dal buco della serratura, l’oceanica cerimonia, che qualcuno ha avuto il coraggio di definire spirituale, e mi sono posto due domande molto imbarazzanti. In che Paese vivo? A che Chiesa appartengo?
Una società totalmente priva di spirito critico, che beve a gola aperta il calice mediatico e non è capace di distinguere il rispetto per le persone dalla loro incensazione, che storicizza la vita di un uomo senza battere ciglio e senza lasciare che semmai sia la storia a collocarlo nella vita dell’Italia e del mondo.
Una Chiesa che, in una equivoca e pirandelliana omelia vescovile, sembra rivalutare la vita conflittuale, l’amore desiderato per sé stessi, la felicità riposta nel consenso degli altri, l’affarismo come obbligo etico, la politica come arte del vincere e si salva però in corner: “Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera, che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio”.
Dice Gesù: “Siate nel mondo, ma non del mondo”. E la mitezza dove la mettiamo? Un’omelia più scivolosamente mondana di questa forse non mi è mai capitato di ascoltarla. Infatti è piaciuta molto al bel mondo!
Dopo tangentopoli la politica era a pezzi, non c’erano più riferimenti attendibili, due istituzioni si ergevano a censori e rinnovatori: la magistratura e la Chiesa. Berlusconi seppe catturarle entrambe in una spregiudicata ed articolata manovra. Contro la magistratura, dopo un tentativo di coinvolgimento, attirò su di sé, stando sempre sul filo del reato, una battaglia senza quartiere ed effettivamente fu la sua sacrosanta anche se supplente spina nel fianco. Con la Chiesa trovò il modo di convivere a suon di privilegi e favori concessi. La politica se l’era mangiata a colazione. Con la sua morte la magistratura è stata tacitata, la politica costretta ad oscillare colpevolmente fra l’esaltazione del de cuius e la sdegnosa e timida rinuncia all’inopinata eredità, la Chiesa auto-collocata in confessionale per non dire né il peccato né il peccatore e per assolvere senza alcun bisogno di penitenza o di purgatorio. Applausi!