A tutto dovrebbe esserci un limite. Mi ero ripromesso di non tornare sul commento alla morte di Silvio Berlusconi, ma la gazzarra “santificatoria”, che si è scatenata, che si è appiattita su un concetto perbenista del politicamente corretto e che ha persino superato ogni previsione, mi costringe a riprendere l’argomento con poche battute.
Perfino la Chiesa ha ritrovato un suo vecchio interlocutore ed ha innalzato sommessamente un inno di lode passando sopra ai moralismi (fin che spadroneggiava la politica e concedeva qualche cospicuo vantaggio andava benissimo, persino le bestemmie andavano contestualizzate, poi c’è voluto il più sbracato dei libertinaggi a squalificarlo, ma fino ad un certo punto).
L’unico dato positivo di questa sarabanda è il temporaneo oscuramento mediatico di Giorgia Meloni, spiazzata dall’evento: probabilmente la fine di Berlusconi se l’era immaginata diversamente, in modo da avere il tempo di devitalizzarlo per assorbirne l’eredità a livello partitico (un fantomatico partito conservatore europeo), invece questo improvviso e velleitario scatto d’orgoglio dei berlusconiani la mette in qualche imbarazzo tattico.
In effetti l’evento non è la morte di Berlusconi, ma la pazzesca corsa ad enfatizzarne i pregi, che non riesco a capire, e a scusarne i difetti, che ritengo siano gli unici suoi dati positivi, almeno accettabili. Voglio esemplificare questa paradossale affermazione.
Berlusconi avrebbe cambiato la vita politica italiana e giù con un elenco di novità introdotte. Per me ha rovinato e avvelenato la vita politica italiana e non solo italiana: è sceso in politica per evitare il crollo finanziario delle sue imprese ed è uscito dal governo per evitare il crollo finanziario del Paese; ha incantato molti spargendo a piene mani l’illusione di una destra liberale e moderna e ci lascia la disillusione destrorsa di Fratelli d’Italia. In mezzo un populismo capace di interpretare e impersonificare, come diceva Indro Montanelli, tutti i difetti degli italiani. Oltre ad avere sdoganato il neofascismo, ad aver incapsulato il leghismo, ha rivalutato il qualunquismo.
Berlusconi è stato vittima di un accanimento giudiziario. Per me è stato vittima di sé stesso e del suo ritenersi al di sopra delle leggi facendosene magari alcune a proprio uso e consumo. Palazzinaro prima, imperatore mediatico poi, spregiudicato politicante sempre, uomo del più grande conflitto di interessi che abbia mai avuto la storia. E uno che si comporta così pretenderebbe la comprensione e la tolleranza della Magistratura?
Berlusconi ha cambiato il mondo dei media. Secondo me lo ha semplicemente manipolato e monopolizzato, facendo della comunicazione il proprio affare e mettendola al servizio della politica dei propri affari. É il tratto più caratteristico, l’elemento distintivo del Berlusconismo, ma che, guarda caso, è un elemento importante del fascismo (ideologia fondata sul culto del capo). Per come è nato (partito = azienda), per le modalità con cui raccoglieva il consenso (uso dei media), per come era impostato (un plebiscito ed una acclamazione continui), per come era finanziato (integrato in una sorta di impero economico), per come interpretava il ceto di massa (populismo), per come sapeva motivare i simpatizzanti (mito del successo sopra ogni e qualsiasi altro valore), per come riusciva a garantire l’elettorato (faso tuto mi!), per come usava la propria immagine (vero e proprio showman), per come nascondeva le contraddizioni, soprattutto per come nascondeva il conflitto d’interessi (se sono capace di fare i miei interessi sarò capace di fare anche i vostri), il berlusconismo merita la patente di movimento di un capo o meglio di “culto del capo”. Ricordo agli inizi del fenomeno quando fu chiesto a Mike Bongiorno un giudizio su Berlusconi, il popolare presentatore (già a libro paga Mediaset) rispose:” Non saprei, per me è un po’ come Gesù”. E uno che si impone così sarebbe un modernizzatore delle relazioni umane?
Berlusconi ha cambiato il mondo del calcio. Per me lo ha definitivamente e irreversibilmente reso un circo in cui sfogare i più beceri appetiti e con cui conquistare il consenso politico (panem et circenses). E uno che si comporta così sarebbe un novello De Coubertin?
Potrei continuare, ma mi sembra inutile: Berlusconi è un santo e coi santi non si può scherzare. Negli ultimi anni mi era diventato simpatico a causa dei suoi difetti: la sua fissazione sessuale da disonorevole grande seduttore era diventata patetica debolezza umana del vecchio che non vuole cedere le armi; il suo protagonismo politico era diventato un farsesco presenzialismo; la sua verve da uomo di mondo si era trasformata nelle performance del nonno che gira per casa in mutande; la sua smania di primazia lo aveva portato alla indimenticabile alzata di sopracciglio nei confronti della montante megalomania meloniana. Capivo che poteva rappresentare un argine psicologico alla destra-destra, solo psicologico, ma, in certe situazioni disperate, anche Berlusconi poteva fare brodo. Della serie “putost che la Meloni giòvna è mej Berlusconi véc’”.
L’Economist, autorevole giornale d’informazione politico-economica in lingua inglese, alla prima nomina del cavaliere a presidente del consiglio uscì con un sarcastico titolo di copertina che suonava provocatorio soprattutto nei confronti dell’Italia e degli italiani: “BURLESCONI”. Alla sua morte ha scritto “SILVIO BERLUSCONI ERA IL GRANDE SEDUTTORE DELL’ITALIA”. Dallo scherzo alla follia.