Il pass più black che green

Stefano Leoni, docente al Conservatorio Giuseppe Verdi, con una lunga lettera ha dato le dimissioni dal suo incarico di vicedirettore dell’ente. Non si è però dimesso dal suo ruolo di musicologo: continuerà a insegnare ai suoi studenti del Conservatorio estetica musicale ma online, almeno fino a dicembre. Il motivo delle dimissioni? È contrario all’utilizzo del Green Pass, come dimostra anche la firma al recente appello sottoscritto tra gli altri da Alessandro Barbero. Leoni ritiene il certificato verde eticamente disdicevole, e un «abominio dal punto di vista legale, costituzionale, normativo, carente e confusionario sotto il profilo giuridico».

Secondo lui poi è una forma surrettizia di «coercizione e adesione forzata alla «campagna vaccinale», istituendo nei fatti una pressione indebita su lavoratori (docenti, personale Ata) e studenti, «inducendoli a sottoporsi all’inoculazione di un siero genico sperimentale dall’efficacia non ancora esattamente definita nella limitazione dei contagi e delle ospedalizzazioni, e dagli effetti collaterali ignoti o colpevolmente ignorati». Non essendo Stefano Leoni, 63 anni, allineato al pensiero del Conservatorio, ha così preferito lasciare il ruolo di vicedirettore, che verrà assunto da Andrea Campora, docente di teoria, ritmica e percezione musicale. «Io rispetto le opinioni di tutti sul Green Pass – aggiunge Leoni – ma non vorrei venissero demonizzate le mie». Il tampone ogni 48 ore? «Mi sembra un ricatto».

Ho citato integralmente questo articolo di Cristina Insalaco pubblicato sul sito internet de La Stampa. Mi ero ripromesso di fare un benefico break in materia, ma le lapidarie affermazioni di Stefano Leoni meritano grande attenzione: sono, a mio giudizio, la perfetta sintesi di un giudizio obiettivo sull’introduzione del green pass. Vorrei che gli attuali governanti e soprattutto i detentori dei prevalenti indirizzi scientifici (?) rispondessero punto per punto senza rifugiarsi nella ragion di vaccino.

È vero o non è vero che il vaccino è attualmente un siero sperimentale? È vero o non è vero che la sua efficacia non è ancora esattamente definita a livello di effetti? È vero o non è vero che gli effetti collaterali sono ignoti o colpevolmente ignorati?  È vero o non è vero che il certificato verde è un abominio dal punto di vista legale, costituzionale, normativo ed è carente e confusionario sotto il profilo giuridico? È vero o non è vero che sta venendo meno il rispetto delle opinioni altrui con tanto di demonizzazione per quelle in controtendenza? È vero o non è vero che un tampone ogni 48 ore è una alternativa ridicola, impossibile da praticare e quindi un ricatto bello e buono?

Posso dirla grossa? Il ritornello del “nulla sarà più come prima” sta trovando una clamorosa conferma, ma a rovescio: infatti stiamo riuscendo a varare un vero e proprio regime, supportato da un pensiero unico, non più ideologico, ma basato sul calcolo delle probabilità: e chi dissente è un delinquente. Se questo è il cambiamento auspicabile…

Sono più che sicuro: la stragrande maggioranza dei pochi che avranno la pazienza di leggermi mi classificherà come un negazionista o un no vax. Non mi sento né l’uno né l’altro. Il virus purtroppo c’è e sta circolando forse più di quanto ci vogliono far credere. Il vaccino è un’arma a cui puntare e da usare con rigore scientifico ed organizzativo. Ammetto di essere un bastian contrario, un menagramo, un fastidioso rompiscatole, che si permette di discutere e soprattutto vuole garantire a tutti di nutrire dubbi e perplessità e di decidere in coscienza senza ricatti di alcun genere. Vorrà dire che mi consolerò leggendo i liberi intellettuali che osano dissentire dal pensiero unico.

Nel 1931 fu richiesto a tutti i professori universitari italiani un giuramento, che recitava così: “Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l’ufficio di insegnante ed adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al Regime fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concili con i doveri del mio ufficio”.

La tradizione dice che solo 12 professori universitari su 1225 rifiutarono il giuramento nel 1931. Vale la pena di ricordare la reazione della Chiesa cattolica. Pio XI, contrario al giuramento, concepì una “interessante” proposta di compromesso: i professori cattolici possono giurare, ma con riserva (non era chiaro se mentale o esplicita e dichiarata) di non contraddire i principi cattolici.

Sul giuramento si aprì un dibattito, che coinvolgeva professori, intellettuali e politici. Da posizioni antifasciste molto distanti fra loro, Croce e Togliatti espressero la stessa opinione: i professori dovevano giurare per non lasciare l’Università ai soli fascisti. Giurarono i professori fascisti (non molti per la verità), ma anche molti non fascisti o apertamente antifascisti, spinti dalle più varie ragioni.

Esagero se azzardo un parallelismo tra il giuramento del 1931 e l’imposizione (e accettazione) del green pass del 2021? Di stupidate ne scrivo tante, una più una meno…però gradirei che mi si dimostrasse che sto dicendo cazzate. Faccio mio quanto ha dichiarato il professor Stefano Leoni: «Io rispetto le opinioni di tutti sul Green Pass, ma non vorrei venissero demonizzate le mie». Diversamente, ucci ucci sento odor di fascistucci.