Alcuni anni fa mi è capitato una piccola avventura sull’autobus. Riesco ad occupare un posto a sedere dal momento che mi aspetta un tratto piuttosto lungo e per il fatto che il diritto l’ho conquistato sul campo (ormai parecchi giovincelli infatti mi offendono riservandomelo senza pensare all’umiliazione che ciò mi comporta). Sul vetro a portata d’occhio vedo “vergata” sulla polvere, in bella evidenza, una classica bestemmia, scritta con una enne a rovescio (particolare strano ma insignificante). La cosa non mi scandalizza, ma mi infastidisce, mi urta i nervi: resto tuttavia buono e zitto. Dopo alcuni istanti si siede di fronte a me un’anziana ma distinta e piacente signora, la quale non può fare a meno di leggere la nitida porcheria. L’elegante persona però non riesce a stare zitta e scuotendo il capo comincia una filippica contro i giovani (chissà perché, ma questi comportamenti vengono subito imputati, anche senza uno straccio di prova, ai giovani) ed i loro genitori, ben assecondata da un’altra donna sopraggiunta nel frattempo. Pian piano si stava arrivando alla crisi dei valori, all’educazione inesistente, alla religiosità da rispettare, alla laicità da testimoniare, alla scuola che non insegna nulla e via discorrendo.
Scendo, ma sul bus resta l’onta di quella bestemmia, che continua a campeggiare sul vetro sporco: non si poteva dare la colpa al distratto pulitore, perché volendo si trova sempre un posto dove vergare una bestemmia. Non me la sentivo di squalificare intere categorie di persone: i genitori, gli insegnanti, gli educatori. Arrivavo a una conclusione amara e polemica. Non era stato in quel tempo il Presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi) a cacciare una bestemmia in diretta televisiva? Peraltro immediatamente ed autorevolmente scagionato per contestualizzazione dell’evento blasfemo.
Vengo ai giorni nostri: di seguito, farò parziale riferimento a quanto scritto sul sito “Artslive” a cui sovrapporrò (scorrettamente e ne chiedo umilmente scusa) qualche mia conclusione sarcastica. I questi giorni infatti tengono banco le bestemmie apparse per le strade di Napoli in una serie di manifesti blasfemi in occasione di Ceci n’est pas un blasphème, festival delle arti per la libertà d’espressione contro la censura religiosa. Strani cartelloni: all’apparenza, guardandoli con la coda dell’occhio, sembra tutto ok. Topolino con il suo abito da scena, un manifesto politico dell’intramontabile Forza Italia, una pubblicità del Crodino. Esatto, proprio l’analcolico biondo che fa impazzire il mondo. E invece no. Avvicinandosi, tra le bollicine effervescenti color arancioni, spunta una bestemmia. Un’imprecazione blasfema a tutti gli effetti. Sulla medesima falsariga anche Topolino ingiuria bellamente, nonostante non faccia mancare il suo sorriso ampio e bonario. E pure il manifesto politico si lascia andare a citazioni anticlericali (probabilmente simili a quelle lanciate da metà del popolo italiano all’ennesima rielezione del Cavaliere).
É uno scherzo di cattivo gusto? L’intervento pseudoartistico di qualche artista in protesta? Probabilmente sì. Il Comune ha preso le distanze dall’iniziativa, promettendo una loro rapida rimozione. Ceci n’est pas un blasphème è un vero e proprio festival che per due settimane anima la città di Napoli con talk, concerti, mostre e stand-up comedy. L’obiettivo è fin troppo chiaro: celebrare la libertà d’espressione contro la censura religiosa. Ma d’altra parte sorge spontanea la domanda: non sono un po’ eccessive le bestemmie?
Risponde la direttrice Emanuela Marmo: “Il sentimento religioso ha assunto un enorme valore come oggetto politico. Le lezioni che si verificano quando questo viene offeso sono di fatto ben più gravi delle provocazioni artistiche. Ci saranno opere volutamente offensive, alcuni artisti e artiste sono anti-clericali, ma il loro lavoro esiste in un contesto, veicola in modi determinati e riconoscibili: nessuno è obbligato a comprare un giornale o a visitare una mostra. La libertà d’espressione espressa dall’arte e dalle opere non impedisce ai credenti di avere fede o di praticare il culto. Dunque non deve accadere l’inverso”.
Un progetto certamente audace, ma la cui complessità lascia pensare a una ricerca e una precisione che permette di superare la mera goliardia o provocazione. Nonostante gli organizzatori si aspettino sdegno da una parte e risate dall’altra, probabilmente né lo sdegno né le risate sono tra i reali obiettivi del festival. Lo scopo è riflettere sulla stratificazione del potere clericale, della penetrazione forse irreversibile del pensiero religioso nella nostra cultura, dell’ipocrisia che accompagna l’operato della Chiesa. A prescindere dal credo o dalla fede, spunti di analisi del tutto legittime. Ma è proprio necessario cacciare eleganti bestemmie per riflettere sull’invadenza culturale e politica del potere religioso?
Forse la bestemmia di Berlusconi (roba vecchia di regime) e degli artisti trasgressivi (roba nuova di anti-regime) deve essere contestualizzata e quindi è meno grave? Forse chi ruba con i guanti bianchi è meno delinquente. Forse chi sta in alto nella scala sociale e culturale è giustificato?
Un bravo ed autorevole sacerdote diverso tempo fa raccontò una sorta di aneddoto capitatogli in confessionale. Il penitente ammise in tutta sincerità di cadere nel peccato della bestemmia. Al che il sacerdote replicò con la solita richiesta di quantificare la trasgressione: “Bestemmia molto?”. La risposta fu disarmante: “Una cosa giusta”. Adesso, commentò il prete, c’è una misura giusta anche per le bestemmie. A buon intenditor poche parole: forse se ne stanno usando troppe per girare intorno ad una cavolata pseudo-culturale.