La realvaccinik

È morta Camilla Canepa, la diciottenne di Sestri Levante ricoverata sabato al San Martino di Genova dopo una trombosi al seno cavernoso e operata per la rimozione del trombo e per ridurre la pressione intracranica. Era stata vaccinata con il vaccino di AstraZeneca il 25 maggio nell’open day per gli over 18.

Ed ecco la solita diminutio scientifica (?): non è niente, un caso su 200mila non fa testo, non c’è di che allarmarsi! Scusate la scurrile franchezza, ma questo è un ragionamento del cazzo. C’è o non c’è il problema degli effetti deleteri sulla coagulazione del sangue dei vaccinati con astrazeneca, soprattutto le donne e i giovani? Se non lo si sa, si abbia il coraggio di ammettere che stiamo facendo solo ed esclusivamente una sperimentazione di massa. Se lo si sa e non lo si vuol dire per realvaccinik (non è la prima volta che tiro in ballo questo agghiacciante concetto), c’è da mettersi le mani nei capelli. Se ha prevalso la ragion di vaccino sul vaccino della salute, c’è da vomitare su scienza e politica che vanno d’amore e d’accordo sul sentiero della irresponsabilità.

Gli organismi deputati alla valutazione dei medicinali se la sono cavata affermando che l’utilizzo di questo vaccino per certe fasce di età era sconsigliato, ma non proibito, in un macabro balletto di cavie fra giovani e anziani. Se la Costituzione Italiana è l’esempio di compromesso ai livelli più alti, questo è l’emblema della mediazione affaristica sulla pelle della gente.

L’impressione è infatti che siano state utilizzate le scorte a prescindere da motivazioni di ordine sanitario fino ad arrivare alla squallida promozione degli open day, vale a dire una sorta di mercatino del vaccino poco sicuro con il miraggio per i giovani di poter andare in fretta e furia in vacanza e in discoteca. Una vaccinazione a prova di consumismo promossa dalle Regioni: in tutta la vicenda pandemica sono le protagoniste in negativo da tutti i punti di vista.

Ora si ipotizza di non utilizzare più per nessuno il più chiacchierato dei vaccini e un dietrofront per quanti hanno avuto la prima dose di astrazeneca (almeno per gli under 60): il conseguente cocktail vaccinale sarà efficace e sicuro? Chissà chi lo sa. Ne sapremo qualcosa alla registrazione della prossima vittima su cui la procura aprirà penosamente una inchiesta per omicidio colposo. Della serie “morto un vaccinato se ne aspetta un altro”.

Al mio medico che mi consigliava di vaccinarmi, rassicurandomi con giusta e professionale delicatezza sul contenimento dei rischi dovuti alle mie abbondanti allergie, ho risposto con un’affermazione gravissima e spietata di cui mi assumo tutta la responsabilità: “Non mi fido del sistema!”. Vivo nell’incertezza se vaccinarmi oppure no: non mi fido degli scienziati chiacchieroni e inconcludenti, di Ema capace solo di fare il pesce in barile, del Cts incapace di fornire ai governanti un indirizzo univoco e preciso, delle Regioni sballottate tra demagogia e inefficienza, del governo centrale che non sa letteralmente che pesci pigliare, della sanità le cui magagne ed i cui altarini sono stati clamorosamente scoperti dal vento pandemico.

Non è un problema solo italiano, è una questione globale: tutti brancolano nel buio e non hanno l’umiltà di ammetterlo e soprattutto di usare conseguentemente le precauzioni e le cautele necessarie. Se non si è capito, sono molto sfiduciato e scoraggiato. Alla fine non resta che cantare: “Tutti ar mare Tutti ar mare A mostrà le chiappe chiare Co li pesci In mezzo all’onne Noi s’annamo a divertì”. Ebbene io non posso nemmeno cantare questa canzonetta d’evasione. Perché? Perché ho deciso di non andare in vacanza. Lo faccio da ben quarant’anni. Figuriamoci se voglio ricominciare adesso a mostrar le chiappe, divenute nel frattempo sempre più flaccide e cadaveriche.