«Ma tu hai il coraggio di seguire il giro d’Italia di ciclismo?»: il mio alter ego è in vena di prendermi in giro e mi coglie in fallo. D’altra parte non posso passare tutto il tempo a scervellarmi sul nulla sistemico ed a piangere sul nulla esistenziale. Bisogna pur vivere…
Ragion per cui ho provato, seppure distrattamente a guardare la rai che porta in giro per l’Italia il carrozzone del giro d’Italia. Innanzitutto, vedendo il putiferio scatenato sulle strade, mi sono chiesto cosa avranno pensato i ristoratori e tutti coloro ai quali la riapertura viene giustamente somministrata col contagocce. Che senso ha chiudere la stalla alle ventidue e poi alle ventitré, se poi durante il giorno sobilliamo i buoi a scappare in strada, muggire di entusiasmo ed aggregarsi alla carovana in giro per l’Italia. È una presa in giro!
Ma non è l’unica contraddizione in termini. Durante la farneticante non stop giornaliera si assiste alle piroette del ballerino Davide Cassani: è un dirigente sportivo, ex ciclista su strada e commentatore televisivo italiano. Professionista dal 1982 al 1996, vinse due tappe al Giro d’Italia. Dal gennaio del 2014 è commissario tecnico della nazionale italiana maschile di ciclismo su strada. Altro che Fregoli! Sì, perché lui ci aggiunge anche la ciliegina e ogni tanto spunta come interprete in voce negli spot pubblicitari di Suzuki Hybrid, proponendosi come testimonial perfetto per raccontare in modo autentico e incisivo i pregi e i vantaggi della tecnologia di questa vettura. Un tempo si diceva che non si può portare la croce e cantar messa, Cassani fa tutti i mestieri possibili e immaginabili nel mondo del ciclismo alla faccia dei conflitti di interesse e del buongusto.
Poi tutti alla spasmodica ricerca della nobilitazione del carrozzone. Elia Viviani è un ciclista professionista che corre per la Cofidis ed è attualmente impegnato nel giro d’Italia dove ha raccolto 2 terzi posti: per il 32enne di Vallese di Oppeano (Verona) l’onore di essere il primo ciclista scelto come alfiere porta-bandiera ai prossimi giochi olimpici di Tokyo. Campione olimpico a Rio nell’omnium, la specialità della pista che riunisce scratch, corsa a eliminazione, cronometro e corsa a punti. Sprinter di professione, 79 vittorie in carriera, tra cui un campionato europeo, un campionato italiano, tappe al Giro, al Tour e alla Vuelta. È il vero iniziatore, con le sue imprese, dell’attuale, straordinaria epoca della pista azzurra. Complimenti a lui, ma ne hanno immediatamente fatto l’agnello sacrificale che purifica un mondo fatto di meri interessi commerciali.
Poi lasciassero in pace Gino Bartali, che è stato naturalmente tirato in ballo, rispettassero la sua fulgida memoria: lui sì che sapeva coniugare lo sport con l’etica e l’impegno civile. Gli hanno dedicato una tappa, così, tanto per mettere un po’ di affarismo sotto il tappeto e per buttare un po’ di fumo negli occhi agli allocchi (me compreso).
Poi viene il bello: la retorica del Bel Paese e delle sue bellezze naturali ed artistiche celebrate con le telecamere a volo d’uccello in parallelo alla corsa. Ricordo che mia sorella, allora presidente del Consorzio dei Boschi di Carrega, si oppose strenuamente al passaggio della carovana “girina” ritenendo che fosse un attentato alla salvaguardia del patrimonio naturale custodito in quel parco. Ma oggi più che mai tutto fa brodo, l’importante è chiacchierare e produrre fumo.
Alla fine sento una vocina che mi dice: «Te l’avevo detto di lasciare perdere, ma tu hai voluto fare di testa tua e allora…beccati il giro d’Italia e poi non lamentarti perché ti prendono in giro…».