04/02/2018

Letture bibliche nella liturgia del giorno

 

Giobbe 7,1-4.6-7; Salmo 146; 1 Corinti 9,16-19.22-23; Marco 1,29-39.

 

Riflessione personale

 

La sofferenza rimane il più grande mistero. Al dolore, soprattutto se innocente, non c’è spiegazione razionale e plausibile. Anche la fede non riesce a fornire una motivazione accettabile: bisogna avere l’umiltà di ammetterlo. L’unica risposta consiste nella condivisione. Dio ha condiviso e sofferto in Gesù tutto quel che umanamente si può ipotizzare: dolori lancinanti, umiliazioni fisiche e morali, tradimenti, solitudine, incomprensione, calunnie, persecuzioni, torture, fino alla peggiore delle condanne a morte, vale a dire la crocifissione. Ciò non significa che Dio ami la sofferenza: l’uomo non è stato creato per soffrire, ma per gioire. Tuttavia quando si soffre con vicino una persona amata, che ci vuole bene al punto di condividere il nostro dolore, ci sentiamo relativamente sollevati e rasserenati, figuriamoci se questa persona è un Dio che è passato attraverso le nostre sofferenze. Soffrendo si capiscono tante cose, si matura, si colgono i valori autentici, si coglie la più profonda motivazione della nostra esistenza. E poi ricordiamoci che niente unisce più della sofferenza condivisa e combattuta insieme: sì, perché il dolore bisogna anche prevenirlo e combatterlo con la carità. La sofferenza resta sofferenza e ne ho tanta paura, la morte resta morte e mi spaventa assai, ma non hanno l’ultima parola e non ci allontanano dalla vita, ma ci avvicinano ad essa, alla vita vera.  A Maria, che ci è madre in tutti i sensi, a Lei che di sofferenza se ne intende, chiediamo con insistenza: “Prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”.