A carnevale ogni coalizione vale

Strano Paese l’Italia. Per anni si chiedono le elezioni politiche anticipate al fine di chiarire il quadro politico, poi, quando le elezioni finalmente arrivano, si tende a prescindere dai loro risultati e si cominciano a vagheggiare equilibri di emergenza e addirittura a prevedere un ulteriore ricorso alle urne, una sorta di tempi supplementari.

Si dà per scontato che gli elettori non saranno in grado di esprimere un orientamento decisivo e quindi ci si esercita a ipotizzare combinazioni parlamentari e governative: la più gettonata risulta essere la cosiddetta “grande coalizione”. C’è chi tace, chi la esorcizza, chi la strumentalizza, chi la esclude, chi la prende in qualche considerazione.

Non ci sarebbe nulla di scandaloso se, di fronte ad un quadro politico frammentato, emergesse la necessità di varare una maggioranza parlamentare ed un governo di emergenza, che garantissero un minimo di continuità e stabilità. I governi della legislatura che si sta concludendo sono stati più o meno formati e appoggiati in questa logica e, tutto sommato, non hanno demeritato, anzi…

Il ministro Franceschini (Pd) afferma: «La grande coalizione in Italia non sta in piedi. Non è come in Germania, dove ci sono delle trattative, un accordo programmatico e poi al governo si realizza il programma». A parte il fatto che in Germania non possono ancora dire “gatto” perché l’accordo tra popolari e socialisti non è ancora nel “sacco”, è tuttavia vero che nel nostro Paese i presupposti per un simile sbocco politico sono deboli se non inesistenti.

Un tempo in Italia vigeva l’anomalia comunista, il fattore K che rendeva impossibile un’alternanza pacifica e complicava maledettamente le cose: ciononostante si fecero governi compromissori che coinvolgevano in qualche modo i comunisti.

Oggi esiste l’anomalia berlusconiana: è quella la vera variabile impazzita, con la quale non si riesce a quadrare il cerchio. Il problema non è Salvini con le sue “sparate”, ancor meno Meloni con le sue “romanate”. Il gran busillis è il “cavaliere” che non si toglie dai piedi, gioca a fare il leader, dice e disdice in continuazione, agita lo spauracchio grillino (forse è l’unica freccia seria al suo arco), ha perso consenso, ha perso la faccia, è condizionato dalle sue imprese, ha intorno troppi signor nessuno (i signor qualcuno se ne sono andati), ha una voglia matta di accordi spregiudicati ma non ne ha il coraggio, ha una credibilità europea, internazionale e nazionale tendente a zero, è interdetto ai pubblici uffici e non ha ancora finito la sequela di procedimenti giudiziari a suo carico, sembra una maschera di carnevale,  non tace un attimo, vorrebbe mandare i suoi alleati a quel paese ma non ne ha la forza e non riesce più a condizionarli neanche col portafoglio, gode come un pazzo ad essere al centro dell’attenzione, ma fa ridere i polli.

Mi chiedo: sarà possibile fare accordi seri con un personaggio simile? La diga al grillismo, argomento da non sottovalutare, è un’arma a doppio taglio (a furia di esorcizzare il M5S fanno sempre più venire voglia alla gente di votarlo), e poi non basta a giustificare conventio ad excludendum.

Alla fine della fiera mi sembra che abbia ragione Dario Franceschini, non per ragioni ideologiche (come sostiene LeU), non per motivi costituzionali (il Parlamento è libero di cercare maggioranze), non per ragioni elettoralistiche (non credo si rischi di perdere voti prefigurando questi accordi), ma per questioni di realpolitik.

Diamoci quindi un taglio e andiamo a votare. Chi avrà più filo, farà più tela…