Il pietismo dell’Eurispes

Prendo da televideo e trascrivo testualmente. “Eurispes: il Paese è confuso e deluso. Un Paese deluso e confuso, tradito da un sistema che non riesce più a garantire crescita, stabilità, sicurezza economica e prospettive per il futuro. Questa la fotografia del 30esimo Rapporto “Italia” dell’Eurispes. Quattro italiani su dieci arrivano a fine mese usando i risparmi e solo il 30,5% riesce a far quadrare i conti. Il 18,7% riesce a risparmiare, mentre il 29,4% ha difficoltà a pagare le utenze. Inoltre, il 23,2% ha difficoltà ad affrontare spese mediche, il 25,4% a sostenere il mutuo e il 38% a pagare l’affitto. Per far fronte alle difficoltà economiche, ci si affida soprattutto alla famiglia d’origine (31,6%).”

Proseguo con la trascrizione. “Eurispes: fiducia in forze armate e polizia. Gli italiani hanno fiducia nelle istituzioni, particolarmente nelle Forze armate, nella polizia, nella Protezione civile e nel volontariato, ma solo 1 su 5 (il 21,5%) si fida del governo. Così il Rapporto Eurispes. Stabile il sentimento di affezione al Presidente della Repubblica (44,5%). Più del 50% sovrastima la presenza di immigrati e solo il 28,9% valuta giustamente all’8% la loro incidenza sulla popolazione. Il 77,5% ha paura dei cambiamenti climatici, ma nel 2008 il dato era all’81,5%. Tra le questioni considerate come minacce: corruzione (87,7%), politici incompetenti (86,2%), mafia (85,6%), smog (81,1%) e attentati (78%)”.

Con tutto il rispetto per Eurispes, mi sembra la scoperta dell’acqua calda. Non sono dati confortanti, ma nemmeno catastrofici. Quelli riguardanti la fiducia nelle istituzioni e la preoccupazione sui problemi sembrano fatti apposta per   creare confusione e incoraggiare l’astensionismo alle prossime elezioni politiche. Quelli di carattere socio-economico sembrano funzionali alla stregoneria dei grillini ed a quanti promettono la ripresa del miracolo economico.

In questi giorni sto seriamente riflettendo sul clima di sbornia informativa che i media   stanno creando: alla cosiddetta partitocrazia della prima repubblica è succeduta la “fantasiocrazia” del regime berlusconiano, ora stiamo vivendo nel catastrofismo mediatico. Il lupo perde il pelo ma non il vizio: sono, a ben pensarci, tre modi sostanzialmente equivalenti per confinare la democrazia nelle cantine carbonare dell’anti-politica. C’è il qualunquismo di chi se ne sbatte altamente di tutto e di tutti (l’indifferenza), c’è il qualunquismo che reagisce alla politica corrotta (il moralismo), c’è il qualunquismo indotto dagli incantatori di serpenti (il populismo dell’antipolitica). Contro le prime due manifestazioni si può sperare di combattere, contro la terza si rischia di non saltarci fuori, perché assolutizza mediaticamente il relativo, trasforma le impressioni in certezze, imposta la società come un mega-orto in cui vengono coltivate le paure.

La schizofrenia dell’elettorato italiano ha tante cause, ma la più consistente mi sembra la paura: la storia insegna che le risposte dettate dalla paura sono sempre fuorvianti se non tendono addirittura a criminalizzare alcune categorie (è sempre il turno degli stranieri) e cercano di trovare un riparo non tanto nelle istituzioni ma nella loro forza armata. Poi magari ci si pulisce la coscienza con una pacca sulla spalla del volontariato.

I dati Eurispes, come tutti i dati statistici da Trilussa in poi, sono fuorvianti se non vengono raccolti correttamente ed analizzati profondamente: l’acqua calda in cui nuota il caffè servito al bar sport dell’antipolitica.

Ricordo che mio padre, con la sua solita e sarcastica verve critica, di fronte agli insistenti messaggi statistici sulla morte di un bambino per fame ad ogni nostro respiro, si chiedeva: «E mi alóra co’ dovrissja fär? Lasär lì ‘d tirär al fiè?». Lo diceva forse anche per mettere fine ai pietismi di maniera che non servono a nulla e vanno molto di moda. Ricordiamoci poi che pietismo fa rima con egoismo e qualunquismo.