Era da mesi che si aspettavano le elezioni politiche tedesche e adesso che ci sono state siamo più ignoranti e sprovveduti di prima. Un tempo alle elezioni vincevano tutti, oggi perdono tutti, ma è esattamente la stessa cosa: la grande fatica del sistema dei partiti a rappresentare democraticamente le istanze popolari, che trova nel populismo la rischiosissima scorciatoia, vale a dire la sfrontatezza della politica nel cavalcare tout court gli umori se non addirittura gli istinti della gente.
I partiti tradizionali non riescono a fronteggiare questa ondata populista, al massimo tentano di arginarne le scalate al potere; finora nei Paesi europei facenti parte dell’area occidentale, bene o male, le formazioni politiche nazionaliste, xenofobe e razziste, pur raggiungendo significativi e preoccupanti livelli di consenso elettorale, non hanno avuto accesso alle stanze dei bottoni. È successo anche in Germania laddove gli estremisti di destra entrano in Parlamento con una notevole pattuglia di eletti, ma dove vige nei loro confronti una conventio ad excludendum rispetto all’area governativa.
In Italia la situazione non è così chiara e rassicurante. Due sono i motivi inquietanti che lasciano temere uno spericolato approccio dei populisti al governo del Paese. Innanzitutto abbiamo la camaleontica abilità di queste formazioni politiche estremiste, che riescono a coniugare la strumentalizzazione delle proteste verso la politica con la rassicurazione di un rinnovatore sistema democratico di potere. La Lega di Salvini, i Fratelli d’Italia e i Cinque stelle hanno l’abilità di offrire il volto più buono ed accettabile del populismo e riescono a intercettare e catturare lo scontento verso le forze politiche tradizionali, forse proprio perché essi non sono totalmente anti-tradizionali e quindi finiscono col fornire una proposta eversiva ma non troppo in cui è facile rimanere intrappolati.
Mentre il movimento pentastellato rifiuta sdegnosamente ogni e qualsiasi intesa politica con i partiti, la Lega aspira ad integrarsi, seppure da posizioni di forza, nell’area di destra che si candida a governare il Paese. Il ragionamento è questo: tutti siamo un po’ antieuropeisti, ebbene per chi lo vuole essere di pancia c’è la Lega, per chi lo vuole fare con nostalgia c’è FdI, per chi vuole soprattutto minacciare di esserlo c’è Forza Italia. Tutti siamo un po’ razzisti, ebbene per chi intende chiudere le frontiere c’è Salvini che sparla bene, per chi teme l’annacquamento dei principi nazionali c’è Giorgia Meloni che parla romanesco, per chi vuole regolare i flussi c’è Tajani che sa tenere i piedi in tante scarpe.
Il secondo motivo inquietante che rischia di portare l’estremismo di destra nell’area di governo è quindi la possibilità di patti compromissori scellerati sulla pelle degli Italiani, degli Europei e degli immigrati. Prima o poi questa tentazione, che finora ha solo sfiorato i grillini, finirà col coinvolgere anche loro in una sorta di inciucio dell’anti-inciucio.
Sbaglia di grosso chi ritiene moderati i nostri populisti e tende a sdoganarli: attenti, perché non si tratta di moderazione ma di finzione dietro cui si nasconde una proposta politica traumatica. Personalmente preferisco sempre chi combatte a viso aperto e dichiara apertamente di volermelo mettere in quel posto, un estremista che si rivela per quello che è piuttosto che un moderato capace di mettermelo in quel posto con tanto di vaselina, un lupo travestito da agnello.