In materia di telefoni cellulari e successive modificazioni e integrazioni sono rimasto a quanto diceva il famoso e acutissimo giornalista Rai Andrea Barbato: in una delle sue simpatiche cartoline, inviate dagli studi di non ricordo quale canale della televisione pubblica, affermava di ammettere la necessità dei telefonini solo ed esclusivamente per i sacerdoti, chiamati con urgenza al capezzale dei moribondi, e per le ostetriche, chiamate con altrettanta urgenza in caso di incipiente parto. In mezzo, a parere di Barbato, solo fuffa telefonica.
Ebbene, pur essendomi personalmente e relativamente piegato all’incedere del progresso (?), mantengo le mie opinioni molto simili a quelle del prestigioso giornalista dell’epoca. Qualche giorno fa, osservando il passeggio delle persone regolarmente incollate ai loro smartphone, mi sono chiesto: se il tempo, dedicato a tutte le chiacchiere e le informazioni inutili che transitano da questi diabolici aggeggi, fosse impiegato per leggere, studiare e dialogare seriamente sui problemi reali, la nostra società farebbe un balzo culturale in avanti.
Non l’avessi mai pensato: sono stato immediatamente smentito dalla ministra della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, che ha previsto l’ammissione e l’uso in classe di questi strumenti con tutto il dibattito conseguente, tra favorevoli e contrari. Speriamo di non arrivare a un referendum in materia, per il quale mi prenoto con un colossale NO.
Perché? Fino a prova contraria a scuola ci si dovrebbe andare per imparare e per imparare bisogna concentrarsi sulle materie proposte e non girarci intorno, occorre andare a fondo, capire, memorizzare, discutere, approfondire, etc. etc.
Per raggiungere questi scopi esiste il docente che si avvale di strumenti, dai libri alle lavagne più o meno luminose. Gli smartphone servirebbero solo a bypassare gli insegnanti e a distrarre gli alunni, emarginando quindi i protagonisti e facendo dominare la scena al web, questa creatura impalpabile, sgusciante e fuorviante.
Nella mia vita professionale ho fatto in tempo ad usufruire, a livello convegnistico, della proiezione di slide, per seguire le quali rinunciavo a prendere appunti, seguendo il ragionamento del conferenziere di turno che commentava e interpretava le slide stesse. Quando a distanza di qualche tempo, rispolveravo i contenuti del convegno, non mi ricordavo più niente, sfogliavo le slide e non mi dicevano nulla, appunti non ne avevo, tutto si era volatilizzato. Gli appunti, i sani appunti, i libri, i sani libri dove erano finiti? Tra di me pensavo, se tanto mi dà tanto, agli studenti, che si formano sulla base di queste metodologie d’avanguardia, alla fine cosa rimarrà in testa.
Il tempo è passato e il problema si è ingigantito al punto da mettere in crisi la massima autorità in materia di insegnamento. È vero che ogni strumento non è buono o cattivo di per sé, ma la sua positività e utilità dipendono dall’uso che ne viene fatto, ma è altrettanto vero che non si può mettere un coltello in mano a un infante. Mio padre non voleva che mia sorella, da piccola, usasse aghi e forbici per imparare a cucire (mia madre oltretutto faceva la magliaia e poteva sovrintendere con una certa cognizione di causa): temeva che si potesse infilzare gli occhi e non era una preoccupazione assurda, un timore da matusa.
Non so se lo smartphone possa essere considerato in assoluto uno strumento pericoloso, non vorrei esagerare, ma certamente non è lo strumento ideale per frequentare al meglio le aule scolastiche. Con buona pace della ministra, dei rivenditori di smartphone e di chi pensa che il cervello (e il cuore) possa essere sostituito da una macchinetta prodigiosa. Penso di essermi spiegato anche se sono sicuro di venire conseguentemente catalogato nella categoria dei retrogradi. Pazienza, l’età e la mentalità lo possono comportare.
P.S. Chi volesse rovistare ulteriormente su come la penso in argomento, può leggersi, spero con una certa simpatica leggerezza, quanto contenuto in questo sito alla sezione libri: “Dialogo tra un trolley ed uno smartphone – CHE STRANA GIOVENTU’…”