L’Italia è il più bel paese del mondo, non la cambierei con nessun altro, ma diamoci una regolata: dove vogliamo andare? Stiamo ben attenti perché qualcuno ci convoca per rifare la marcia su Roma il 28 ottobre prossimo. A Parma, qualche anziano cade ancora, in buona fede, nell’errore di chiamare piazza 28 ottobre l’attuale piazza Giacomo Matteotti. Fare casino su tutto e su tutti porta anche a queste assurdità: non quella di sbagliare il nome di una piazza, ma quella di sbagliare il verso della storia. Non ci manca più che rimettere in discussione l’articolo uno della Costituzione in nome della libertà di essere fascisti o nazi-fascisti. Un movimento lo si trova sempre, anzi c’è già e si chiama Forza nuova. Qualche imbecille disposto ad andare in strada a sbraitare slogan mussoliniani ed a fare saluti romani c’è, eccome. Parecchi soggetti violenti, dipendenti visceralmente dai propri impulsi incontrollati, non aspettano che l’occasione per sfogarsi.
Se fossero episodi marginali, particolari e isolati, ci sarebbe da ridere o piangere a seconda dei gusti. Se invece li contestualizziamo c’è di che preoccuparsi. La deriva razzista parte in quarta dagli Usa di Donald Trump, dove si sta spegnendo il sogno di 800 mila figli di clandestini regolarizzati provvisoriamente, che rischiano di essere mandati paradossalmente nei Paesi di origine dei loro genitori, a loro (quasi) totalmente sconosciuti; dove si vogliono alzare veri e propri muri verso il Messico; dove si vuole bloccare l’ingresso di persone provenienti da Paesi in odore di terrorismo. Negli Stati Uniti un tempo non entravano i comunisti, oggi il comunista più potente e vomitevole del mondo, Vladimir Putin, gioca a scacchi con Trump e non entrano, addirittura escono i poveri diavoli. Come cambia il mondo!
I Paesi dell’Est europeo, facenti parte un tempo del blocco comunista, dove la gente scappava verso ovest per sottrarsi al gioco totalitario, oggi, dopo essere stati accolti fin troppo rapidamente nella Ue e goderne gli aiuti, si permettono il lusso di chiudere le porte ai disgraziati africani e non c’è verso di farli ragionare, perché non retrocedono nemmeno di fronte alle sentenze della Corte Ue, che impone a tutti gli Stati membri il rispetto dei patti in materia di ripartizione dei migranti.
In Francia si insiste nell’assurda e inapplicabile distinzione tra profughi e migranti economici, come se chi scappa dalla guerra fosse da considerare un uomo di serie A, mentre chi fugge dalla miseria e dalla fame fosse una persona di serie B.
In Germania dopo avere svenduto con i soldi europei una buona fetta di immigrati alla Turchia, si balla nel manico e si rivedono le precedenti aperture fin troppo spinte. La Gran Bretagna è scappata dalla Ue soprattutto a causa del problema migranti ed è tutto dire.
L’Italia, che fino ad ora si era distinta per l’atteggiamento aperto e disponibile, in mezzo ad un’azione seriamente impegnata, sta tuttavia spostando i discorsi sotto il tappeto libico e balbetta persino sullo Ius soli, un provvedimento di civiltà molto simile a quanto fece, seppure non in via definitiva, Barak Obama con una direttiva a favore dei baby migranti (oggi in via di revoca da parte dell’amministrazione Trump).
Questo è, più o meno, il contesto sostanzialmente razzista in cui ci troviamo. Ebbene qualcuno si alza un bel mattino e convoca una marcia su Roma in nome del fascismo, che aveva nel razzismo uno dei suoi connotati principali. Il conto purtroppo si chiude in “nero”. È possibile ricadere all’indietro fino al punto di rimpiangere la dittatura fascista? Sembrerebbe proprio di sì. Non credo si tratti di intervenire legislativamente e/o per fare rispettare le leggi esistenti: anche questo serve. Mi sembra una questione culturale, che richiede discorsi molto più impegnativi. Forse si tratta di rivedere il concetto di democrazia, non più inteso solo nella difesa delle libertà individuali e collettive, ma aperto sugli scenari mondiali del progresso dei popoli e delle genti tutte.
Interroghiamoci seriamente, non giochiamo con le paure, non andiamo al ballo mascherato della storia passata. Vogliamo ragionare o ci stiamo bevendo il cervello?