Non mi considero un clericale, anzi, pur essendo un cattolico, come si suol dire, praticante, e pur annoverando nella mia famiglia uno zio prete (porto indegnamente il suo nome e lo considero a ragion veduta il mio santo protettore) ed una zia suora (una dolce e coerente esemplificazione della vocazione religiosa femminile), ho una concezione laica della vita, una impostazione anti-dogmatica, evangelica e cristocentrica della fede, una visione anticlericale della Chiesa, uno spirito fortemente critico che non riesco (sotto sotto non voglio) reprimere.
Non sono mai stato e non sarò mai un leccapreti, anche se mi onoro di avere molte e stupende amicizie in questo parterre e soprattutto riconosco di avere incassato fondamentali spunti educativi da un fior fiore di sacerdoti.
Di fronte alla stupida e presuntuosa censura rivolta ad un sacerdote, don Biancalani, parroco di un paese toscano della diocesi di Pistoia, reo di dedicarsi all’integrazione dei migranti e quindi di avere dato a persone di colore, ospiti della sua parrocchia nell’ambito di un progetto che li occupa a livello lavorativo (almeno così ho capito dai soliti superficiali reportage), la soddisfazione di potere farsi un ristoratore bagno in piscina, resto sinceramente e letteralmente basito. Queste critiche arrivano a minacciare una sorta di inquisizione strisciante nei confronti di questo prete e della “sua dottrina”: andranno ad ascoltare le sue omelie e vigileranno sulle sue presunte eresie.
E chi sono questi assurdi defensor fidei? Per fortuna non si tratta di esponenti del Sant’Uffizio, sì quelli che fanno il mestiere di rompere i coglioni a chi vuole buttare la fede oltre l’ostacolo dell’egoismo, della ricchezza e del potere. Non si tratta nemmeno dei soliti nostalgici bigottoni, che si scandalizzano di tutto meno che dei propri intoccabili interessi condensati nel loro gonfio portafogli.
Non si tratta neanche del vescovo di Pistoia territorialmente competente, che ha espresso, in modo un tantino equivoco, la sua vicinanza e consonanza a questo prete di frontiera: manderà il suo vicario generale (chissà perché non trova il tempo di andarci lui personalmente) a concelebrare la messa festiva con questo prete nella parrocchia di Vicofaro. Penso che, in buona fede, intendesse così solidarizzare al massimo livello con il suo confratello, ma qualcuno ha intravisto in questa iniziativa la subdola volontà di controllare e supervisionare le messe e il comportamento di questo scomodo presbitero. A scanso di equivoci mi permetto di consigliare al vescovo di schierarsi apertamente e di condividere concretamente la testimonianza in mezzo ai profughi: a quel punto nessuno potrà ricamare illazioni.
Insomma da dove vengono queste critiche? Da Forza Nuova, vale a dire da un agguerrito, riciclato e strutturato covo di fascisti, in vena di coniugare Dio con Benito Mussolini, sfrontatamente capaci di nascondere il loro vomitevole razzismo dietro una fantomatica difesa della fede cattolica. Roba da matti! Eppure c’è qualcuno (?) che va dietro questi imbecilli e li ritiene un avamposto della battaglia contro l’immigrazione clandestina e per la difesa dei nostri valori umani.
Intendiamoci bene: se Matteo Salvini, il leghista tutto d’un pezzo, il più bel populista del bigoncio tutto razza, patria e Chiesa, può permettersi di insolentire il Papa per le sue posizioni sullo Ius soli, ai militanti di Forza Nuova è lecito censurare un semplice prete di periferia, che se ne frega (giustamente) delle lungaggini e delle titubanze parlamentari e mette in pratica tout court il dettato evangelico: “ero forestiero e mi avete accolto”.
Qual è comunque il filo che lega questi atteggiamenti insofferenti verso i preti che stanno dalla parte degli ultimi? Molto semplice, si tratta di autentico fascismo. Di fronte a queste dilaganti nostalgie mi sento di rispolverare un motto molto in voga nei cortei sessantottini: “fascisti carogne, tornate nelle fogne”. Quando ci vuole, ci vuole…