La lontananza nel tempo guarisce le ferite superficiali, ma riapre quelle profonde. È il caso della strage del 1980 alla stazione di Bologna. Ogni anno l’appuntamento aggiunge un pezzetto di coda polemica, che chiama in causa governo e magistratura al punto da rendere sgradita in piazza la presenza dei rappresentanti del governo e da mettere in dubbio quella dei rappresentanti della magistratura.
Sul fronte governativo ci sono le mancate promesse sui risarcimenti alle vittime e sulla desecretazione degli atti relativi a questa angosciante vicenda; alla magistratura si imputa di non aver fatto piena luce su esecutori e mandanti della strage.
Per quanto concerne i risarcimenti alle vittime non ho mai capito e mai capirò queste vergognose lungaggini: per uno stato che si rispetti dovrebbe essere la prima cosa da fare con estrema puntualità e snellezza burocratica. Quanto ai segreti, apriamo pure i cassetti, ma non ci arriveremo mai in fondo. Troppo delicata e complessa la vicenda per essere dipanata e chiarita una volta per tutte. Resta l’amaro in bocca per una democrazia che non riesce a scoprire i propri altarini (nel caso trattasi di altari maggiori…).
Sull’operato della magistratura non mi sento di dare giudizi: i tempi lunghi della giustizia diventano interminabili di fronte alle procedure inerenti fatti di tale gravità. Una verità giudiziaria è uscita: la strage era di marca fascista e tendeva, con le complicità e le omertà dei poteri occulti, a creare un clima di disorientamento politico tale da favorire rigurgiti reazionari tutti da costruire.
Penso valga la pena, anziché insistere sui tasselli mancanti della verità, far tesoro di questa lezione incredibilmente cruenta: difendiamo la democrazia da ogni e qualsiasi nostalgia fascista, da ogni e qualsiasi scorciatoia populista, da ogni e qualsiasi qualunquismo, da ogni e qualsiasi manovra anti-democratica. Rafforziamo le istituzioni, riformandole per meglio adattarle al mondo che cambia, facciamole funzionare, evitiamo accuratamente di denigrarle, riportiamo la politica agli alti livelli che le competono. In fin dei conti è quello che ci ha insegnato il presidente della Repubblica di allora, Sandro Pertini, quando, dopo essersi quasi smarrito fra le bare delle vittime di Bologna, pose la sua mano sul podio da cui parlava il sindaco di Bologna; è quello che continua a chiederci con delicata insistenza l’attuale presidente Sergio Mattarella.
La democrazia paga prezzi enormi che la rendono sempre più preziosa, non è una conquista facile e soprattutto non è un dato acquisito, è una battaglia continua, giornaliera, impegnativa, rischiosa.
Ogni volta che rivedo le immagini di quella strage mi commuovo e ripenso ai tanti che ci hanno conquistato il bene prezioso della libertà: fra essi ci sono anche i martiri della stazione di Bologna. Forse sarebbe meglio interrompere le polemiche, che capisco soprattutto in capo a coloro che sono stati direttamente e tragicamente colpiti, per comportarci in modo più consono ad una democrazia che è nata e vive di Resistenza. La ferita c’è, ma non riapriamola, cerchiamo piuttosto, dopo averla ben disinfettata, di rimarginarla.