Ho sempre avuto una forte attenzione verso l’amministrazione della giustizia. Non avendo potuto iscrivermi alla facoltà di legge (era il periodo in cui esistevano dei rigidi blocchi all’ingresso) e avendo dovuto ripiegare su Economia e Commercio, non mi restò altro da fare se non impegnarmi in modo particolare sui tanti insegnamenti di diritto inseriti nel mio curriculum e ficcare il naso nei processi penali di tribunale e corte d’assise.
Assistendo ad un processo per furto in cui erano imputati alcuni giovani delinquentelli, ebbi la ventura di assistere ad una scena piuttosto insolita. Dopo la lettura della sentenza, che per la verità prevedeva pene piuttosto miti per i colpevoli, il presidente della Corte si rivolse paternamente a questi ragazzi e al freddo linguaggio giuridico aggiunse alcune parole semplici, ironiche, incisive. Cito a senso, ma con una certa precisione dal momento che il fatto mi rimase scolpito nella mente: «Siamo stati clementi, vi siamo venuti in soccorso…mi raccomando, da domani ricominciate a rubare…». Migliore e più efficace ramanzina non poteva essere fatta. La giustizia che diventa educazione.
Me ne sono ricordato in questi giorni di clamorosa, fastidiosa e inquietante invadenza giudiziaria. Un procuratore della Repubblica, competente per territorio, insiste nell’ipotizzare fenomeni affaristici e speculativi a livello di Ong impegnate nel soccorso in mare ai profughi: collusione con gli scafisti e finanziamenti facili. Arriva addirittura a configurare un vero e proprio complotto al fine di destabilizzare il sistema economico dell’Italia.
Sono solito concedere a tutti la buona fede e anche in questo caso non ho elementi per pensare male: tuttavia ritengo, come minimo, che questo magistrato stia agendo con un inopinato eccesso di zelo, voglia contribuire cioè alla lotta alla criminalità lanciando allarmi (della serie “io ve l’ho detto per tempo”) alla politica e a tutte le autorità. Innanzitutto questi interventi a gamba tesa non si fanno sui media, a suon di interviste. Se riteneva in coscienza di dover avvertire le istituzioni competenti, lo poteva fare in altro modo, in via riservata e non sbandierando il possesso di prove extra-giudiziali, insinuando dubbi gravissimi e creando grave confusione, lasciandosi prendere da smania di protagonismo (è purtroppo un difetto anche di molti suoi autorevoli colleghi).
In secondo luogo un magistrato non è un giornalista, un giallista, un educatore, un sacerdote, un presidente di commissione parlamentare. Fa un altro mestiere. «Non ho prove giudiziarie, ma ho la certezza che mi viene da fonti di conoscenza reale», così dichiara il procuratore di Catania. Di fronte a queste affermazioni non so se essere più preoccupato per la realtà che lui dice di conoscere (tutta da dimostrare) o per la paradossale invadenza di un magistrato nella vita della comunità (io so, ma non posso provarlo).
Non ci siamo! Mi dispiace perché sono sicuro delle rette intenzioni. Il ruolo della magistratura però è un altro. Diamoci tutti una bella e sana regolata. Anche perché stiamo disquisendo sulla pelle di migliaia di poveracci che rischiano e, troppo spesso, perdono la vita tutti i giorni. Anche perché qualcuno è sempre pronto a strumentalizzare ignobilmente le situazioni delicate e difficili.
«Da magistrato ho il preciso dovere di denunciare un gravissimo fenomeno criminale, per arginare il quale la politica deve intervenire tempestivamente»: sono sempre parole del suddetto procuratore della Repubblica. Forse non si rende conto della gravità e dell’assurdità delle sue affermazioni. Disponga indagini di polizia, se è nei suoi poteri. Compia tutti i passi che, come magistrato inquirente, gli sono consentiti. Faccia fino in fondo il proprio dovere. Non crei inutili allarmismi e non squalifichi tutto e tutti. Non cerchi di mettere a posto la sua coscienza, scaricandola sugli altri. Posso capire che, in un momento di confusione di ruoli e di debolezza della politica, un giudice voglia supplire in qualche modo. Grazie, ma basta così. La funzione didattica, educativa, dissuasiva e persuasiva della giustizia deve avvenire in altro modo, con inchieste rigorose e serie, con processi regolari, con tempi ragionevoli e con giudizi provati e motivati.
Mi rivolgo direttamente a questo giudice. Cosa ne direbbe se qualcuno, contraccambiando la solerzia da lei dimostrata, chiedesse al Consiglio Superiore della Magistratura di aprire un fascicolo a suo carico? Mi spiacerebbe molto, ma obiettivamente forse ce ne sarebbero le ragioni. Non succederà, me lo auguro perché continuo ad essere convinto della sua buona fede. Ma adesso, la prego, basta!