Ho ereditato da mio padre un forte spirito critico al limite dello scetticismo di stampo quasi anarchico e quindi ho imparato a non fidarmi delle apparenze, a giudicare dopo avere approfondito e scandagliato le situazioni, a leggere in chiave anticonformista gli accadimenti e le vicende.
Non mi scandalizzo e non mi stupisco perciò se in sede politica il dibattito si fa serrato e spigoloso, non sono un osservante del politicamente corretto, amo le provocazioni. Quando però la critica è aprioristica, la polemica è pregiudiziale, il retroscenismo diventa la regola, l’interpretazione dei fatti risponde all’ideologia, non ci sto più al gioco. Era il difetto storico dei comunisti, sta diventando la caratteristica dei “grillisti” (mi piace definirli così proprio per marcare la somiglianza con i comunisti, i quali però sapevano anche fare scelte politiche, cosa assolutamente vietata ai cinque stelle).
Il movimento è partito da Beppe Grillo, dietro di lui continua a non esserci niente (la combriccola dei replicanti alla Di Maio non merita alcuna seria attenzione), ma purtroppo tra il carisma (?) di Grillo e la gente si è instaurata una sorta di schema per cui lui ha sempre ragione a prescindere, in quanto dietro ad ogni questione c’è del marcio e solo lui è capace di dirlo, salvo non essere capace di dimostrarlo (l’importante è dirlo, dimostrarlo non serve…) e di affrontarlo (lo deve fare chi comanda, anche se, quando loro comandano, non lo sanno fare).
L’ultimo esempio è l’attacco ai soccorsi in mare agli immigrati con i taxi del Mediterraneo: dietro le organizzazioni umanitarie, impegnate nel salvataggio di persone che fuggono disperatamente da fame e guerra, ci sarebbe l’affarismo. Ecco lo schema: l’altra faccia della realtà garantita sempre e comunque da Grillo che la sa lunga. Tutti stupidi, tutti ladri, tutti corrotti, tutti in mala fede. Il vangelo secondo Grillo. Se Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, nel fare il suo incauto e inspiegabile assist al M5S, voleva dire che fra dogmatici ci si può intendere, aveva ragione. Se dai dogmi o dai principi astratti scendiamo nella realtà il discorso cambia. Tarquinio, dove collocherebbe infatti questo approccio cinico, altalenante e disumanizzante di Grillo all’immigrazione? Nei tre quarti di omogeneità o nel quarto di diversità rispetto al sentire del mondo cattolico?
Beppe Grillo sembra fare sul serio e dalla sua continua smerdata tende a preservare la Chiesa: tra Chiesa e Chiesetta ci si intende. Nel suo mirino sono entrati i radicali: «Dove ci sono disgrazie ci sono loro, referendum per morire, per divorziare (che è comunque una fine), per uccidere o per aiutare a uccidersi (…) La loro ideologia è la fine, si tirano un po’ su con le coppie di fatto e i matrimoni gay, ma con gli uteri in affitto si finisce di nuovo nel truculento». Sciocchezze simili era da tempo che non si ascoltavano, ma forse saranno musica per le stucchevoli battaglie medievali di Avvenire. Bisogna lasciare a Marco Tarquinio il tempo di pulirsi la scarpa, può capitare e dicono addirittura che porti fortuna, nel caso in questione non saprei a chi. Fatto sta che proprio ieri papa Francesco ha rivolto l’ennesimo appassionato appello a favore dei rifugiati e dell’accoglienza senza se e senza ma, proprio mentre Grillo (o il suo ventriloquo) bacchettava e beffeggiava le ong impegnate in tal senso. La contabilità tarquiniana rischia di andare in tilt. Fosse solo questo il pericolo…Il problema è che va in tilt la politica dietro le cavolate organiche e quotidiane di Grillo. I cattolici recitano “dacci oggi il nostro pane quotidiano”; molti italiani, cattolici e non, supplicano”dacci oggi la nostra cazzata quotidiana”. Gli interlocutori di queste preghiere sono diversi, a parere di Tarquinio, solo per un quarto.