La discussione alla Camera dei Deputati sul biotestamento o sulla dichiarazione anticipata di trattamento è partita col piede sbagliato, non tanto per la sparuta presenza dei parlamentari nella seduta che ne prevedeva la discussione generale, ma per la contrapposizione tra chi considera nutrizione e idratazione cure rinunciabili e chi le considera trattamenti vitali e non atti medici e quindi irrinunciabili, nonché tra chi vuole che sia il paziente a decidere sulle cure e chi intende assegnare al medico una forte interferenza sulle decisioni del paziente.
Tutte le volte che mi capita di vedere le aule parlamentari deserte o semi-vuote mi sento profondamente ferito nello spirito democratico. Ricordo nitidamente quando ancora ragazzino ebbi l’occasione di visitare le aule parlamentari: l’emozione era grande, sentivo che in quei luoghi si era fatta e si faceva la storia istituzionale e politica italiana. Non ho cambiato idea. Voglio essere buono e comprensivo: forse le tante assenze sono dovute all’eccedenza quantitativa nel numero dei deputati e senatori, che riduce a mero mortificante votificio la vita dei due rami del Parlamento; forse sono troppe e ripetitive le funzioni, tali da creare confusione e smarrimento. Ma gli Italiani con il referendum costituzionale non hanno detto che il Parlamento andava bene così com’è? Allora…
Vengo invece ai bizantinismi dei difensori ad oltranza della (non) vita. Se per nutrirmi mi devono fare un buco nello stomaco o mettere un sondino naso-gastrico, chi mi vuol far credere che non siamo in presenza di atti medici? Questo è fariseismo puro. Perché non deve essere il paziente a decidere sulle cure? Non è sua la vita che è in gioco? Finito il suo turno il medico se ne torna a casa, mentre il malato resta inchiodato alla sua sofferenza insopportabile. Finiamola con questi assurdi atteggiamenti, che finiscono inevitabilmente in un concetto dolorista della vita a tutti i costi. La coscienza civile del Paese è nettamente favorevole ad una impostazione che va ben oltre i contenuti nel testo in discussione alla Camera; si approvi almeno quello che mi sembra già frutto di sufficienti mediazioni al ribasso.
Il biotestamento non è un obbligo, può essere cambiato in ogni momento; il medico resta sempre e comunque un punto di riferimento per il malato, i suoi familiari, il fiduciario, al punto che può intervenire con la sua decisione qualora siano intervenute nuove terapie non prevedibili al momento della sottoscrizione del biotestamento; questa legge non può dare adito a equivoci e non è l’anticamera di niente, se non un piccolissimo passo avanti nell’affrontare le problematiche del fine-vita.
Non è in gioco alcun serio contrasto tra sensibilità laica e cattolica, ma solo la bigotta difesa di principi astratti sulla pelle di chi soffre. Paola Binetti parla di eutanasia passiva e omissiva: adesso basta! Il Papa è Francesco e non Pio XII e poi il papa non c’entra niente. Questi rappresentanti del cosiddetto mondo cattolico devono capire e rendersi conto di essere membri del Parlamento Italiano e non della Confraternita xyz, anche perché con ogni probabilità ci sono preti e suore con idee molto più laiche, aperte e avanzate di loro.
Valga per tutti quanto scrive Enzo Bianchi Fondatore della Comunità monastica di Bose, che mi pare sgombri il campo da ogni appiglio dottrinale: «Ogni cristiano non contempla l’ipotesi di mettere fine alla propria vita né che altri lo decidano al posto suo, ma conserva la libertà di rifiutare ogni accanimento terapeutico e il ricorso a mezzi straordinari gravosi, come interventi chirurgici, che provocano maggiori sofferenze e non ottengono risultati. Alleviare le sofferenze del morente, anche a rischio di accorciare le ore di vita restanti, è non solo comprensibile, sia umanamente che cristianamente, ma anche necessario. La preoccupazione sovrana dovrebbe essere assicurare la miglior qualità di vita possibile anche nel morire».
Chiedo scusa a tutti, ma non ne posso più degli atteggiamenti dogmatici, nella vita della Chiesa, figurarsi in politica. È dal 1974 che mi scontro con queste mentalità e sarebbe ora di finirla. Sono seriamente intenzionato a fare il biotestamento e non voglio che sia Paola Binetti a rompermi i coglioni con dissertazioni sui sondini e roba del genere. Posso, onorevole Binetti, decidere in autonomia se accorciare la mia vita per evitare situazioni che provocano solo sofferenze? Nessuno imporrà a lei il testamento, ma pretendo che nessuno tolga a me il diritto di sottoscriverlo, in base, spero, ad una legge, che interpreti il comune sentire degli italiani e abbia il voto dell’auspicabile maggioranza dei parlamentari.