Il non voto (quasi) obbligato

Ci siamo! Domani si vota per le elezioni regionali in Emilia Romagna e per me è cominciato il tormentone del se e chi votare, due interrogativi strettamente connessi anche perché il se andare al voto è premessa del chi votare o, meglio almeno per me, il chi votare è presupposto per recarsi alle urne.

È finito infatti il tempo del votare senza convinzione per il meno peggio: credo che questo sia l’atteggiamento del potenziale elettorato di sinistra, che, non trovando chi gli scalda il cuore, finisce col rimanere a casa con la tristezza nel cuore.

Non basta infatti una presunta superiorità culturale, non è sufficiente una evidente maggiore capacità politica, non conta una storia fatta di battaglie democratiche, non convincono l’esperienza e la preparazione della classe dirigente: elementi importanti ma non sufficienti per portare le persone al voto a sinistra.

Non risolve la questione nemmeno la schifezza della destra, che in teoria dovrebbe indurre l’elettore almeno ad un voto contro di essa: è un po’ come chi, dopo aver mangiato da schifo in un ristorante stellato, non si accontenta di pranzare in un’osteria che offre qualche piatto commestibile, ma pretende una trattoria tipica e rassicurante su tutto il menù. Faccio due esempi provenienti dall’atteggiamento critico di un piddino anomalo.

Il padre di un figlio autistico chiede: cosa fate voi per aiutare i cittadini che vivono questo enorme problema? Vi limitate ad auspicare una sanità più consistente? Vi confermate nella radicalità dell’etica dei diritti individuali oppure provate a scendere in campo a fianco di chi aspetta disperatamente una mano tesa?

La segretaria del PD Elly Schlein viene in visita pre-elettorale a Parma: non scende in piazza, ma partecipa ad una cena di iscritti e simpatizzanti. Un tempo si tenevano comizi aperti al pubblico, ora, con la scusa del logorio storico-culturale di questi eventi, ci si rifugia nei rassicuranti salotti della sinistra politicamente corretta.

Non basta neanche l’argomento dell’Emilia Romagna giardino d’Italia: primo perché non è vero, secondo perché in questo giardino non è consentito ai “poveracci” (ce ne sono parecchi) di calpestare le aiuole.

E allora eccomi alle prese con l’ansia da elezioni: devo fare lo schizzinoso a sinistra finendo col favorire la destra? Devo rassegnarmi ad un voto (in)utile? Oppure scelgo di votare chi ha il demagogico coraggio di gridare qualche protesta per disturbare la quiete politica?

Perché il Pd non fa niente per venirmi incontro o meglio perché, come diceva mio padre al proprietario di casa che gli chiedeva di andargli incontro per certi sacrosanti lavori di ristrutturazione, mi viene incontro col camion di una sinistra che gira a vuoto?

Non pretendo i miracoli, ma esigo una proposta politica che parta dai valori per offrire soluzioni concrete ai problemi, apprezzerei almeno un tentativo serio in tal senso. Vedo invece quasi il timore di imprigionarsi nei valori che scoprirebbero gli altarini della politica fine a se stessa.

Mi si dirà: non sai neanche tu quel che vuoi! Ammetto di avere la testa in confusione, ma la politica dovrebbe aiutarmi a mettere ordine nella mia testa rimuovendo il disordine della società, non tanto quello proveniente dalla delinquenza, ma quello consistente nelle ingiustizie e nelle povertà.

A tale riguardo stiamo bene attenti perché la povertà viene esorcizzata con l’immagine di un’Italia godereccia e perpetuamente vacanziera, mentre le ingiustizie vengono coperte col pretesto di combattere la criminalità, magari soprattutto quella dei poveri.

Di questo passo farò molta fatica a votare e mi beccherò l’epiteto di qualunquista.

In cauda vulgarity; è più qualunquista una politica che non combina un cazzo di niente o chi si rifiuta di votare “alla cazzo di cane”?