I dazi pagano dazio

La Camera di commercio degli Stati Uniti ha informato l’Amministrazione che i dazi previsti «non hanno precedenti, sconvolgeranno le catene di approvvigionamento e non faranno altro che aumentare il costo della vita per gli americani». Gli economisti hanno quantificato che tariffe medie del 20% costringeranno le famiglie americane a pagare dai 4mila ai 5mila dollari in più all’anno per le spese di base.

L’effetto sarebbe a catena, riducendo i consumi, gli investimenti delle imprese e le assunzioni, tanto che, secondo Moody’s, se tariffe permanenti entrassero in vigore nel trimestre in corso, l’economia americana precipiterebbe quasi immediatamente in una recessione che durerebbe più di un anno, portando il tasso di disoccupazione sopra il 7%. (dal quotidiano “Avvenire” – Elena Molinari)

Quindi la colossale manovra difensiva americana chi difende? A quanto pare non difende i consumatori, non le imprese, non i potenziali e/o già impiegati lavoratori. Si tratta della solita tattica bellica, che serve a catturare il consenso dei disperati: vale per le guerre in genere, anche per quelle commerciali.

Da cosa si difende Trump? Ebbene, improvvisamente si è accorto che gli Usa da anni sono letteralmente saccheggiati dal resto del mondo, subendo autentici furti di posti di lavoro e fabbriche e ha proclamato il giorno della liberazione per l’industria americana che rinasce, e l’America che ridiventa ricca.

Mi sembra la più colossale delle demagogie, vale a dire la totale degenerazione della democrazia, per la quale al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere.

Quando in una stanza, per la presenza di troppe persone, manca l’ossigeno per respirare, esistono due possibilità: ci si può illudere di risolvere il problema facendo uscire qualcuno oppure si deve avere il coraggio di aprire le finestre.

Il protezionismo segue la prima di queste opzioni: ci si illude di risolvere i problemi chiudendosi in casa. Figuriamoci se può funzionare in un mondo globalizzato come l’attuale…

Quanto tempo impiegheranno gli americani per capire di essere stati ingannati? Non ho idea e soprattutto non si può fare affidamento sulla loro resipiscenza. Donald Trump è il fanfarone giusto per i fanfaroni, il miglior frutto del cretinismo americano: mai come in questo caso vale lo storico proverbio secondo il quale ogni popolo ha il governo che si merita. Il problema purtroppo sta nel fatto che, poco o tanto, tutto il mondo si merita Trump nella misura in cui ha subito pedissequamente gli indirizzi internazionali impressi dagli Usa, abbandonando completamente quel tanto di sano scetticismo anti-americano che oggi viene spontaneo rivalutare e rimpiangere.

Sforziamoci, nonostante tutto, di guardare avanti e allora torna in gioco l’Europa: o i Paesi europei reagiscono in ordine sparso, trattando più o meno singolarmente con gli Usa alla faccia dei trattati in essere e cercando di strappare disperatamente e ingenuamente qualche condizione di maggior favore, oppure fanno coraggiosamente e pazientemente massa critica, provando a impostare un’azione comune di politica commerciale che vada ben oltre le semplici e forse inevitabili ritorsioni.

Potrebbe essere una sorta di momento politico magico per rilanciare la UE, trovando finalmente anche consensi a livello delle forze economiche e sociali. La UE non sarà più considerata un’inutile sovrastruttura burocratica, ma un punto di riferimento imprescindibile.

Tutto il mal non vien per nuocere? Forse sì, a condizione che il male venga riconosciuto come tale e combattuto insieme in senso costruttivamente prospettico e strategicamente progressista.