Il Natale ha un’enorme portata laica nella sua essenzialità e semplicità. Tre elementi infatti emergono con evidenza e attualità provocatorie: l’alloggio al completo; l’annuncio ai pastori; la pace invocata dagli angeli.
A proposito di Giubileo, stiamo bene attenti a non aprire le porte per cancellare i nostri peccati, salvo chiuderle in faccia a chi non ha una casa, a chi non ha lavoro, a chi vive nell’assoluta precarietà: teniamo ben presente che in essi c’è il Natale, non certo quello sdolcinato e consumistico che ci attanaglia.
Le persone che hanno accolto il Natale sono stati i pastori, che venivano considerati gentaccia emarginata e disprezzata: anche oggi trionfano i nostri perbenismi ed i nostri schemi sociali. La generosità viene da gente da cui meno te l’aspetti e a cui spesso mettiamo i bastoni fra le ruote.
E poi, la pace. La dichiarano gli angeli, i potenti possono solo subirla: a significare che viene come un dono di Dio da accogliere con umiltà e impegno, da costruire quotidianamente e concretamente. Non è un invito alla diplomazia, ma a schierarsi dalla parte dei deboli e degli oppressi.
Ebbene questa provocatoria e indiscutibile essenzialità fa decisamente a pugni con l’enfasi liturgica che accompagna il Natale, accentuata quest’anno dalla “sbrodolata” giubilare, con la pompa magna della benedizione urbi et orbi con tanto di forze armate presenti, di inni nazionali, di papa acclamato come capo di Stato.
I contenuti dei messaggi papali contrastano con questo invadente e fuorviante contorno. Si continua a sostenere che il giubileo abbia un significato socio-politico in quanto prevede e comporta milioni di pellegrini-turisti e una capitale mobilitata al riguardo. Non sono d’accordo. Qualcuno vede addirittura nel Giubileo, che mobilita risorse e collauda strutture, un modo per superare le divergenze politiche, un miracolo di collaborazione tra le istituzioni. Giorgia Meloni ha inaugurato il sottopasso di Piazza Pia a Roma, alla presenza del sindaco, Roberto Gualtieri, il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, il sottosegretario Alfredo Mantovano, l’amministratore delegato di Fs Stefano Donnarumma, l’arcivescovo Rino Fisichella e il cardinale Pietro Parolin. Per cortesia siamo seri e non facciamo del trionfalismo fuori luogo.
Dice papa Francesco: «Dio perdona sempre, Dio perdona tutto». E allora mi sono posto una domanda un tantino luterana: stiamo mettendo una sovrastruttura tradizionale sulla struttura portante evangelica col rischio di caricare religiosamente la base portante della fede? Forse sfondiamo una porta aperta, che però rimane stretta in senso evangelico. La porta stretta non è quella tramite la quale ci presenteremo a san Pietro, ma quella che dobbiamo attraversare per arrivarci. La porta stretta è la scelta di entrare ogni giorno nelle vie della giustizia, della misericordia, della fedeltà a Dio. In una parola si tratta della via della pace.
Al riguardo mi permetto di aggiungere di seguito il testo di una bella preghiera per la pace scritta dal cardinale Zuppi che ne consiglia la recita quotidiana.
“Signore, che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, che vieni sulla terra per portare luce nelle tenebre, dona al mondo la pace. Donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace. Donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Amen.”
Non dobbiamo quindi aspettare i risultati della diplomazia vaticana, utile ma non decisiva, non dobbiamo illuderci che il giubileo possa rappresentare una sorta di riscossa religiosa, non viviamo il Natale come la stalla di Betlemme trasformata nella reggia vaticana, non inneggiamo a Gesù Bambino bloccandolo rigorosamente nella sua umana ed emozionante piccolezza che ci affascina ma non ci coinvolge.
Lasciamoci provocare fino in fondo non per lucrare uno straccio di indulgenza più o meno plenaria, ma per sforzarci di vivere da cristiani autentici: un Natale sovversivo, che solo in questo senso diventa anche un Natale socio-politico.