La strategia della pescivendola

Netanyahu spacca l’Occidente. E il governo italiano si divide sul mandato d’arresto. Corto circuito dopo l’accusa spiccata contro il premier israeliano. Salvini accende la polemica: qui è benvenuto. Tajani: «La linea la decidiamo io e la presidente». L’irritazione di Meloni per le uscite dei ministri. (dal quotidiano “La Stampa” – Francesco Olivo)

La politica estera che doveva essere il punto debole di Giorgia Meloni, sulle ali di tatticismi filoeuropei (i complici sorrisi con Ursula von der Leyen), filoamericani (i bacetti di Joe Biden), filoucraini (gli ostentati abbracci con Zelensky), era diventata apparentemente il suo punto di forza, l’antidoto alle continue disgrazie governative interne.

La situazione internazionale però si è fatta molto complicata: in Medioriente i massacri continuano, in Ucraina non si vedono spiragli di tregua, negli Usa c’è l’incognita Trump, l’Unione europea viaggia sull’orlo del baratro dell’irrilevanza. Il gioco è molto difficile per tutti, immaginiamoci per il governo Meloni.

Israele è entrato nell’occhio del ciclone ed emerge inevitabilmente una doppia visione occidentale: da una parte quella del “qui comando io” (Netanyahu compreso), dall’altra quella trattativista, che, come sostiene Massimo Cacciari, è l’unica possibilità per la ricerca di un nuovo ordine internazionale guidata dall’Europa.

Di fronte a questo bivio strategico i nodi italiani vengono al pettine: Salvini straparla in favore di Israele nonostante il mandato d’arresto e gli attacchi ai militari italiani in missione Onu, Tajani si gonfia nella sua penosa ministerialità del nulla, Meloni non sa da che parte stare e che pesci pigliare (continua a catturare pesci nel mare del consenso più popolano che popolare).

Questa triplice versione governativa si profila anche nei rapporti con Donald Trump e di conseguenza con Ucraina e Russia: trattare o non trattare questo è il problema, difficile per chi non saprebbe comunque trattare e ha soltanto la forza dell’armiamoci e partite. Non vedo all’orizzonte bacetti trumpiani e intravedo magari il fantasma putiniano, ringalluzzito dalla subdola amicizia col suo omologo americano, che verrebbe a sporcare ulteriormente nella casa governativa italiana.

E che dire della guerra dei dazi che si sta profilando tra Usa ed Europa? Applausi comunque a Trump sotto gli occhi attoniti dell’imprenditoria italiana o neoatlantismo riveduto e corretto in favore degli interessi italiani ed europei?

Resta la girandola dei viaggi all’estero della premier italiana in cerca più di visibilità che di alleanze. Tajani dice che la linea la decide lui assieme al Presidente del Consiglio (sembra quel marito che rivendicava la propria autorità da sotto il letto). E il Presidente della Repubblica che non gira a vuota come Giorgia Meloni, ma muove passi di notevole intelligenza diplomatica (vedi recente viaggio in Cina)?

Netanyahu non spacca solo l’Occidente, ma anche il governo italiano e forse anche l’opinione pubblica del nostro Paese. Soprattutto però spacca le palle a chi vorrebbe qualche prospettiva di pace e di ordine in un mondo alla deriva.