Il libro (Del)mastro della destra-destra

Il sottosegretario Delmastro: “Non lasciamo respirare chi sta sull’auto della polizia penitenziaria”. Le parole del sottosegretario alla Giustizia nel corso della presentazione della nuova auto della Polizia: “L’idea di far sapere ai cittadini come noi trattiamo chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi incalziamo chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato, è per il sottoscritto una intima gioia”.

 

Ddl Sicurezza, Manconi: “Parole di Delmastro meritano analisi clinica non politica”. Durante un evento all’Università La Sapienza incentrato sui Ddl sicurezza, Luigi Manconi ha espresso una dura critica nei confronti delle dichiarazioni del sottosegretario Andrea Delmastro, affermando: “Io non penso che meritino un’analisi politica, ma un’analisi clinica. Utilizzando strumenti provenienti dalla letteratura scientifica in materia di psicopatologia, sociopatia e parafalia del disturbo del sadismo.” Manconi ha poi sottolineato l’importanza di conoscere a fondo i decreti sicurezza, invitando i partecipanti a valutarne attentamente le conseguenze: “Per tutta la giornata parlerete dei decreti sicurezza. È fondamentale conoscerli bene, saperli indagare, valutarne le conseguenze e contestarli. Questi decreti si inseriscono in un clima culturale che riguarda tutti noi.”

 

Sono a dir poco indignato di fronte ad un componente del governo che esterna certi sentimenti, considerando la giustizia come una sadica vendetta. Ancor più grave è il fatto che gran parte della gente possa condividere queste impostazioni di stampo fascista.

E poi, come si fa a mettere d’accordo tanta spietata smania vendicativa col garantismo praticato nei confronti di certi governanti: dietro i vetri oscurati delle macchine della polizia ci potrebbe stare anche la collega di Delmastro, quella Daniela Santanchè, che resta imperterrita al suo posto nonostante i capi d’accusa che pendono sulla sua testa. Sia chiaro, personalmente non avrei alcun gusto o retrogusto vedendo Santanchè in manette. Quando mi capita di vedere simili immagini provo un senso di umana compassione e di politico desiderio verso il recupero di chi sbaglia. Voglio solo mettere in evidenza contraddizioni insanabili.

Il giudizio sulla classe politica che va per la maggiore è: “Sono tutti uguali…”. Non è vero! Stando al caso in questione non mi sembra proprio che Andrea Delmastro e Luigi Manconi siano uguali. Mia sorella sosteneva che questo generico giudizio, sbrigativamente lanciato contro i politici, altro non è che l’alibi per chi vota a destra e, vergognandosene, tira in ballo giustificazioni inaccettabili.

Un conto è la sofferta, critica e ragionata astensione dal voto, un conto è lo svaccamento totale della politica che prelude all’egoismo fatto voto a destra: negli Usa è successo così, in Italia sta succedendo più o meno così.

Non cadiamo nell’errore di assimilare l’astensionismo dal voto col mero qualunquismo di cui sopra: faremmo un ulteriore favore alla destra che, pur essendo minoranza della minoranza degli italiani, si erge a depositaria del consenso ante litteram.

In questo momento storico chi è convintamente di destra vota a destra, non ha bisogni di astenersi. Chi non è di destra o dubita che questa destra sia una cosa seria può anche arrivare all’astensione. Auspico che aumenti la quota di chi si rende conto dello scempio in atto da parte della destra (i figli prodighi che tornano a casa) e che si cerchi da parte della sinistra di recuperare un po’ della credibilità e dei voti perduti.

Su tutto ciò grava un macigno storico-culturale, sintetizzabile nella impietosa analisi che faceva mia sorella Lucia delle magagne del popolo italiano. Lo diceva con la sua solita schiettezza e in modo poco aulico ed elegante, ma molto efficace: «Gli italiani sono rimasti fascisti».

E purtroppo andava anche oltre i confini nazionali: lasciava perdere gli schemi politici tradizionali, che, a livello europeo, servono a coprire una sostanziale e generalizzata conservazione o addirittura un’opzione reazionaria. Quando mia sorella andò, in rappresentanza del movimento femminile della Democrazia Cristiana, in visita alle istituzioni europee, tornò a casa estremamente delusa e, col suo solito atteggiamento tranchant, disse fuori dai denti: “Sono tutti dei mezzi fascisti!”. Credo che un po’ di ragione ce l’avesse. Penso volesse dire che non credevano in un’Europa aperta, solidale, progressista e partecipata, ma erano chiusi in una concezione conservatrice se non addirittura reazionaria. Può darsi che da allora la situazione sia addirittura peggiorata. Chissà cosa direbbe oggi alla luce del trumpismo, del populismo e del sovranismo. Lo immagino e non mi azzardo a scriverlo per non esagerare alle sue spalle.  A livello europeo lo scricchiolante accordo su cui si basa Ursula von der Leyen non è forse la ricerca del male minore, vale a dire un accordo fra chi dice di essere meno conservatore, meno reazionario, meno fascista: il compromesso ipotizzabile ai livelli più bassi.