Chi è senza peccato scagli la prima manciata di fango

La gestione del rischio deve entrare nella quotidianità delle amministrazioni locali. Ma vorrei dire di più: ogni pratica di pianificazione del territorio, di gestione e di governo, ogni normativa e ogni regolamento, ogni politica locale deve misurarsi con la questione climatica. Non possiamo definire criteri di densificazione edilizia senza fare i conti con la mappa delle isole urbane di calore. Non possiamo trascurare le aree verdi e naturali, le risorse idriche, il valore dei suoli se abbiamo compreso che l’unico rimedio e contrasto all’aumento delle temperature e ai rischi idraulici dipende da un corretto uso della natura. (dal quotidiano “Avvenire” – Elena Granata)

 

Negli anni in cui era alla guida della prima economia al mondo, Trump ha bollato il riscaldamento globale come «un’invenzione della Cina» e anche a questa tornata elettorale non ha lesinato nell’attaccare le politiche per il clima. La transizione verso l’auto elettrica? Porterà a un «bagno di sangue». Le pale eoliche? «Causano il cancro» e «uccidono le balene». L’aumento delle temperature? «Vanno su e poi vanno giù, il clima è sempre cambiato». Secondo un calcolo del New York Times, durante i suoi quattro anni alla Casa Bianca Trump ha smantellato più di cento provvedimenti sul clima, comprese alcune norme per la tutela dell’aria, dell’acqua e degli animali introdotte da altri presidenti repubblicani. In più, ha fatto uscire gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, il documento firmato alla Conferenza Onu sul clima del 2015 che impegna i governi a contenere l’aumento della temperatura media mondiale «ben al di sotto» di 2°C rispetto ai livelli preindustriali. (Open – Gianluca Brambilla)

 

La contestazione della gente spagnola, esasperata, disperata dopo l’alluvione e inevitabilmente spietata contro i pubblici poteri, va capita, ma soprattutto va metabolizzata a tutti i livelli e in tutti i sensi. La questione climatica è il problema dei problemi, mentre la classe dirigente a livello mondiale tende al negazionismo o nella migliore delle ipotesi si nasconde dietro parole generiche e programmi fumosi. Il recente cataclisma spagnolo nella sua sconvolgente tragicità ci impone un cambio di mentalità, un diverso approccio alla socialità e alla politica, un concreto ed immediato nuovo modo di governare. Non è un problema da ridurre ad una sorta di “allertismo” continuativo, che non va sottovalutato, ma è quasi impossibile da impostare e gestire tanto assomiglia al chiudere la stalla quando i buoi sono scappati, e alle polemiche propagandistiche post-alluvionali.

Carlo De Benedetti su questo tema è molto schietto: sul clima ci stiamo ancora raccontando delle storie, il discorso riguarda tutti i governanti ampollosamente riuniti nei vari summit. Ammette onestamente di far parte di una generazione che ha gravissime responsabilità nell’avere letteralmente devastato il pianeta e di dovere chiedere scusa alle generazioni presenti e future per il danno arrecato al mondo intero. La salvaguardia dell’ambiente non era infatti una priorità, in passato non ci si è posti il problema.

L’inversione di tendenza è tutta da inventare.  La situazione odierna del pianeta è molto peggiore di quella del 2015, data in cui vennero assunti impegni regolarmente e clamorosamente disattesi. Giocare al rimbalzo sui tempi lontani serve a poco, meglio sarebbe che ogni Paese entro il 31 dicembre di ogni anno inviasse un pubblico rendiconto all’Onu sul rispetto di alcuni fondamentali parametri preventivamente individuati e altamente significativi riguardo al rispetto ed al recupero dell’ambiente naturale.

Il recente G20 ha segnato un discreto fallimento in quanto gli obiettivi fissati sono modesti e collocati in tempi lunghi. Bisogna cambiare l’approccio al problema, togliendolo dai fuorvianti tempi a venire per affrontarlo pragmaticamente in tempi ragionevoli e incentivanti.

Devo fare un onesto mea culpa, ammettendo di non avere avuto in passato e di non avere nemmeno al presente una grande sensibilità verso l’ecologia, restando vittima del comodo fatalismo e della illusoria priorità dei problemi sociali rispetto a quelli ambientali. Se da una parte occorre fare ammenda, dall’altra bisogna essere concreti togliendo il discorso dai salotti e portandolo nel vivo del tessuto economico-sociale, nelle regole del vivere civile e nella quotidianità delle pubbliche amministrazioni.

Molto convincente è quanto afferma Papa Francesco nella Enciclica “Laudato si’ sulla cura della Casa Comune”: «Oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri». I gemiti di sorella terra si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo. È gravissima inequità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale».