La vestaglia della Vestale

Il ritardo che le Camere stanno perpetuando nella scelta dei giudici costituzionali costituisce uno “strappo” del “tessuto costituzionale”, cui sarebbe necessario porre rimedio al più presto.

La Costituzione, nel definire la composizione e le modalità di scelta dei componenti della Corte costituzionale non detta, infatti, solo regole operative, ma delinea un preciso equilibrio, che mira a garantire il funzionamento dell’intero sistema di giustizia costituzionale. 

Che il Parlamento, titolare della funzione legislativa e depositario della rappresentanza politica nazionale, si spinga a compromettere questo equilibrio, è atto che si pone ai limiti della scorrettezza istituzionale nei confronti di un organo, la Corte costituzionale, deputato a garantire proprio l’osservanza della Costituzione. È un po’ come se il “controllato” mettesse in discussione la legittimità e l’operatività del “controllore”, subordinando le regole costituzionali alle contingenze e alle alchimie della politica. 

Non può, quindi, che auspicarsi che il Parlamento si decida ad ovviare alla propria inerzia e le forze politiche colgano il senso profondo delle regole fissate in Costituzione, che richiedono, anzitutto, che i rapporti tra i poteri dello Stato siano improntati al principio di leale collaborazione, così che l’intero sistema costituzionale si mantenga in equilibrio e possa funzionare fisiologicamente. (Giustizia Insieme – Un ritardo voluto? Considerazioni sulla mancata elezione di un giudice costituzionale da parte del Parlamento in seduta comune di Francesca Biondi e Pietro Villaschi – Conclusioni)  

Cosa sta succedendo? La maggioranza di governo intende nominare a giudice costituzionale Francesco Saverio Marini, figlio d’arte e attuale consigliere giuridico della presidente del Consiglio: suo è l’imprinting sul disegno di legge di riforma costituzionale presentato dal Governo e la premier punta su di lui considerato “padre” del premierato.

Sul requisito della competenza niente da dire, su quello dell’autonomia molto da ridire. L’opposizione è drasticamente contraria a questa nomina dal punto di vista metodologico (si tratta di accettare un diktat della maggioranza) e per quanto concerne i requisiti del candidato, giudicato non indipendente dall’esecutivo e troppo esposto sul fronte legislativo.

Fallita l’operazione di carpire qualche voto dalle minoranze per raggiungere il quorum necessario, il Parlamento è bloccato, dando un pessimo esempio di comportamento istituzionale e di capacità politica. Non è la prima volta che succede, la storia è piena di questi sgarbi di tutti i colori politici. Mal comune mezza costituzione sotto i piedi.

Non so quanti cittadini italiani si rendano conto della gravità di questa situazione. Meno male che le opposizioni non sono cadute nel tranello. Resta una vergognosa impasse, che molto probabilmente verrà superata con un rinvio finalizzato alla nomina di un pacchetto di giudici costituzionali per la quale sarà più facile la solita spartizione della torta.

In Italia, prima di parlare a vanvera di nuovi assetti istituzionali (premierato), ci si dovrebbe mettere in testa di rispettare rigorosamente lo spirito e la norma della Costituzione, smettendo la vergognosa prassi di un governo che fa anche il Parlamento, di un Parlamento che fa di tutto meno che buone leggi, di uno Stato centrale che vuole scaricare responsabilità sulle Regioni per meglio gestire gli interessi dei partiti, di Regioni le quali più che avvicinare i cittadini al sistema li allontanano da esso, di una Rai che di servizio pubblico avrà forse solo i cessi di viale Mazzini.

La scorciatoia del presidenzialismo caricaturizzato dal premierato mette in crisi la Costituzione, ma attenzione perché esiste all’opera un premierato ancor peggiore, vale a dire quello di fatto e strisciante, ad usum Meloni.