«Ogni momento che passa il regime sta portando voi, il nobile popolo persiano, più vicino all’abisso, e la stragrande maggioranza degli iraniani sa che al loro regime non importa nulla di loro», ha scritto il premier israeliano nei giorni scorsi. Nella giovane dissidenza il commento a queste parole va dalla derisione all’insulto. Pochi credono alla buona fede del capo israeliano. «Parla come un tizio che si preoccupa dei suoi dirimpettai, ma poi continua ad uccidere quelli che abitano sullo stesso pianerottolo», commenta una ragazza che si fa chiamare “Nada”. La logica secondo cui «il nemico del mio nemico è mio amico», anche per le questioni iraniane è come cibo a breve scadenza. Se davvero a Israele sta a cuore la sorte degli iraniani, «non dovrebbe eseguire una reazione che danneggi la gente», scrive un altro studente: «Dovrebbero colpire solo i Pasdaran e le basi militari. Come pensa Netanyahu di ottenere la nostra considerazione se poi promette di lasciarci senza energia e anche senza casa come fa in Libano?». (dal quotidiano “Avvenire” – Nello Scavo)
Ammiro sinceramente il coraggio e la lucidità dei giovani dissidenti iraniani. Condivido la loro posizione. Evidentemente non vogliono ripetere a rovescio gli errori storicamente commessi dal loro popolo. Quando l’Iran passò dallo Scià di Persia alla guida suprema Khomeini, cadde dalla padella alla brace. Ora c’è il rischio opposto, vale a dire di cadere dalla padella di Khamenei alla brace di Netanyahu.
Ammesso e non concesso che possa aprirsi una fase nuova nella vita dell’Iran – anche se è difficile, ma non impossibile, che dal male di una guerra possa uscire il bene della libertà -, gli iraniani dissidenti dovranno fare i conti con problemi economici enormi che li potranno indurre a cedere alle lusinghe degli israeliani e dell’Occidente, nonché con problemi religiosi nel senso di reagire scompostamente al regime teocratico che li ha asfissiati, illudendosi di respirare aria di libertà nell’ateo materialismo capitalista. Non so se in Iran ci sia pronta una classe dirigente capace di governare una transizione difficilissima: Cina e Russia sono pronte a blandire l’eventuale nuovo corso ed ecco una ulteriore alternativa brace in agguato.
Ci sarebbe spazio per un ruolo democratico europeo: da qualcuno bisognerà pure farsi aiutare e allora fra i tanti lupi che si aggirano nel mondo, tanto vale affidarsi a quelli coi denti meno aguzzi. E poi le donne: che ruolo potranno avere in una svolta democratica iraniana? Attenzione a non rovinare tutto sposando lo sbracato femminismo occidentale. Ci potrà essere una via iraniana al femminismo?
Forse sto mettendo il carro davanti ai buoi, ma bisognerebbe evitare i rischi di una pseudo-pace che sciolga i fermenti positivi del mondo arabo nella melassa consumistica del mondo occidentale. Ci vorrebbe la lungimiranza economica di un Enrico Mattei, l’apertura etico-religiosa di un Giorgio La Pira, la capacità politica di un Aldo Moro per resistere all’agguato di un colonialismo riveduto e scorretto, di un capitalismo dal volto disumano, di un laicismo reazionario e di un falso terzaforzismo.
Per costruire la pace bisogna volare alto: vale per tutti. Potrebbe essere il turno degli iraniani, che dovranno comunque evitare di bruciarsi le ali prima ancora di spiccare il volo.